Arriva dalla Corte di Cassazione un’importante sentenza sulla corretta notifica degli atti di accertamento tributari: nel caso di notifica a mezzo posta tramite messo dell’Agenzia delle entrate, qualora presso la sede della società il postino non rinvenga persone abilitate a ricevere l’atto, la notifica può essere eseguita mediante deposito dell’atto stesso presso l’ufficio postale, ma solo dopo aver eseguito, a pena di nullità, un secondo tentativo di consegna presso la residenza del legale rappresentante.
Il principio è stato elaborato dagli Ermellini in un caso che riguardava una società per azioni palermitana difesa dall’avvocato tributarista Alessandro Dagnino, founding partner di Lexia Avvocati. Il ricorso era stato proposto dall’Agenzia delle Entrate, contro una sentenza della Commissione tributaria regionale per la Sicilia che aveva già dato ragione all’impresa, annullando una cartella di pagamento di circa 150 mila euro, emessa da Riscossione Sicilia, per mancata notifica del presupposto atto di accertamento sulla base del quale l’Agenzia delle entrate vantava la pretesa fiscale. Adesso la decisione è stata confermata dalla quinta Sezione della Cassazione.
Già in precedenza il legale aveva ottenuto dalla Suprema Corte una pronuncia sulle notifiche fatte alle società con la quale è stato affermato un nuovo principio: se l’atto non viene consegnato al legale rappresentate, occorre un’ulteriore comunicazione presso la sede, altrimenti la notifica è nulla. Con la decisione di qualche giorno fa si aggiunge un nuovo tassello alla costruzione dei principi sulla materia: anche la giacenza in Poste va fatta nei confronti del legale rappresentante dell’azienda, diversamente la notifica dell’atto impositivo è invalida.
La tesi difesa dal Fisco era invece di diverso tenore: la notifica presso l’ufficio postale, a seguito dell’irreperibilità delle persone abilitate a ricevere l’atto presso la sede della società, si doveva ritenere realizzata per compiuta giacenza anche se intestata all’azienda piuttosto che al titolare. Si rivendicava così la correttezza dell’avvenuto deposito dell’atto presso la posta.
Ma per i giudici, invece, non è così. “Tale forma notificatoria – si legge nell’ordinanza che decide la causa – non può attuarsi nei confronti dell’ente in quanto tale”. L’ufficiale giudiziario, quindi, una volta che non è riuscito a recapitare correttamente l’atto nei confronti della persona competente presso la sede della società deve ripetere la notifica verso la persona fisica che la rappresenta. Solo a quel punto potrà procedere al deposito dell’atto presso le poste, rilasciando e avviso al legale rappresentante della società.
“La decisione della Corte di Cassazione – spiega l’avvocato Alessandro Dagnino – consolida l’orientamento della precedente giurisprudenza di legittimità da noi ottenuta in tema di notifiche di atti tributari alle società, poiché estende la centralità della figura del legale rappresentante anche alle notifiche a mezzo posta. Viene così fissato un altro importante principio in materia, a garanzia dell’effettiva conoscenza degli atti tributari. La censura accolta dai giudici di legittimità potrà essere invocata da numerosi contribuenti, essendo molto frequente la modalità di notifica che la Corte ha ritenuto invalida”.
RASSEGNA STAMPA
IL CASO OGGETTO DI UNA RUBRICA “DIRITTI E TRIBUTI”