Le Benefit Corporations e le loro principali caratteristiche

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La legge italiana n.208 del 28 dicembre 2015 (Legge di Stabilità 2016) ha introdotto nel sistema giuridico italiano la figura delle “Benefit Corporations”, definendole all’articolo 1 comma 376, come quelle società che, nell’esercizio di un’attività economica, oltre allo scopo di dividere i propri profitti, perseguono uno o più scopi di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti delle persone, delle comunità, dei territori e dell’ambiente, dei beni e delle attività culturali e sociali, delle entità culturali e delle associazioni e degli altri stakeholders.

Il rapporto illustrativo sulla proposta di legge ha dichiarato che l’obiettivo di introdurre tali società in Italia è quello di “consentire la diffusione nel nostro sistema giuridico di società che, nell’esercizio della loro attività economica, hanno anche l’obiettivo di migliorare l’ambiente naturale e sociale in cui operano, riducendo o eliminando le esternalità negative o, meglio ancora, utilizzando pratiche, processi produttivi e beni capaci di produrre esternalità positive”.

Lo scopo del legislatore era quindi di ampliare il concetto di “Responsabilità Sociale d’Impresa (CSR)” – già arricchito, ad esempio, dall’introduzione di start-up innovative con una vocazione sociale[1] e di imprese sociali[2] – poiché con la Benefit Corporation gli azionisti, al momento dell’incorporazione o, nel caso di società già costituite, a seguito di una specifica modifica dell’atto costitutivo e dello statuto, decidono di vincolare e obbligare la società a una missione di beneficio comune da identificare con un’effettiva obbligazione giuridica di natura statutaria.

Tuttavia, le Benefit Corporations rimangono una società “a scopo di lucro” che può svolgere qualsiasi attività economica e distribuire profitti – proprio come tutte le società a scopo di lucro attualmente previste dalla nostra legislazione – ma allo stesso tempo perseguire uno o più scopi benefici a favore della comunità. Oltre all’attività finalizzata all’ottenimento di un profitto, queste società hanno il dovere – esplicitamente indicato nel loro atto costitutivo e nello statuto – di perseguire obiettivi di “beneficio comune” adottando una gestione sostenibile, responsabile e trasparente nei confronti di terzi come l’ambiente, i territori, le comunità, le persone, i beni e le attività sociali e culturali, gli enti e le associazioni e qualsiasi altro stakeholder.

Si tratta quindi di una forma di attività commerciale “ibrida”, a metà strada tra quelle il cui unico scopo è il profitto e quelle il cui unico scopo è il conseguimento di un beneficio sociale (come le cosiddette imprese del terzo settore). Come vedremo, nel caso delle Benefit Corporations, l’organo amministrativo è incaricato di bilanciare, da un lato, gli interessi degli azionisti e, dall’altro, la ricerca di obiettivi di beneficio comune e gli interessi delle parti interessate.

Tuttavia, va sottolineato che il legislatore non ha inteso creare un nuovo tipo di società con l’introduzione della Benefit Corporation[3], poiché può essere costituita in qualsiasi forma giuridica prevista dal Codice Civile, comprese le società di persone, le società per azioni e le cooperative. Dal punto di vista legale, la Benefit Corporation non costituisce quindi un nuovo tipo di società, ma piuttosto un modello di business appositamente progettato dal legislatore per perseguire obiettivi sociali pur mantenendo pienamente il suo scopo di lucro.

Con l’introduzione di questo tipo di realtà, stiamo assistendo a una concezione di business in grado di includere anche obiettivi sociali nel contesto dei suoi obiettivi strategici, mitigando così gli eccessi di un capitalismo ispirato solo dalla ricerca del profitto, che è diventato sempre più intollerabile nella crisi attuale, in cui le disuguaglianze sociali si stanno aggravando e la fiducia collettiva nelle imprese sta venendo minata[4].

La legislazione italiana applicabile alle Benefit Corporations

Le Benefit Corporations sono state introdotte nel nostro sistema giuridico dai commi 376-384 della Legge n. 208 del 28 dicembre 2015, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (Legge di stabilità 2016, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 2015), in vigore dal 1° gennaio 2016. Tale legislazione segue, inoltre, la proposta di legge presentata al Senato durante il 2015[5], in cui l’obiettivo da perseguire con tale disciplina risalta chiaramente, legittimando la ricerca di un fine ulteriore a quello del profitto[6] mediante deroga ai principi generali del diritto societario e al fine di “consentire la diffusione nel nostro sistema di imprese che nell’esercizio della loro attività economica abbiano anche l’obiettivo di migliorare l’ambiente naturale e sociale in cui operano”.

Questa legislazione regola quindi la possibilità per una società a scopo di lucro di perseguire anche uno o più scopi di beneficio pubblico, curando di articolare ciò nell’oggetto e nello statuto della società. Da qui la necessità di regolare gli obblighi dei direttori di agire in conformità sia con lo scopo di lucro che con lo scopo societario, gli obblighi di pubblicità e trasparenza riguardo alla ricerca degli obiettivi di beneficio comune, la definizione di standard di valutazione esterna a cui fare riferimento per la valutazione dell’impatto generato dalla Benefit Corporation in termini di beneficio comune, nonché le relative sanzioni (sia per i direttori che per la società) derivanti dalla mancata ricerca dei suddetti scopi dichiarati nell’atto costitutivo e nello statuto.

L’introduzione di questa legislazione ha quindi permesso all’Italia di diventare il primo paese dell’Unione Europea, insieme ad alcuni stati federati degli Stati Uniti d’America[7], a conferire una vera dignità giuridica a questo innovativo modello di business.

Perché costituire una Benefit Corporation

La costituzione di una Benefit Corporation o la trasformazione di un’azienda esistente in una Benefit Corporation comporta numerosi vantaggi sia per gli azionisti, cioè i membri, che per le parti interessate (come sopra definito), che possono essere riassunti come segue:

  • (i) la garanzia di protezione legale dei direttori che perseguono non solo lo scopo di lucro dell’azienda, ma anche lo scopo di beneficio comune come stabilito negli statuti, bilanciando così gli interessi finanziari e non finanziari;
  • (ii) la certezza sia per gli azionisti che per le parti interessate che l’azienda continuerà nel tempo a perseguire gli scopi di beneficio comune stabiliti negli statuti, fornendo un costante aggiornamento in modo trasparente dei metodi adottati per perseguire tali scopi;
  • (iii) rendere l’azienda più attraente in termini di investimenti a impatto sociale, dandole accesso a capitali di investimento privati da parte di consumatori che sono consapevoli e informati sull’attività effettivamente svolta dall’azienda;
  • (iv) vantaggi dal punto di vista della reputazione esterna, poiché chi interagisce con l’azienda può essere certo che essa opera in modo responsabile con l’obiettivo di perseguire il suo obiettivo sociale;
  • (v) la capacità di attrarre giovani talenti;
  • (vi) la possibilità di sviluppare una rete di altre imprese che perseguono i valori che esse perseguono;
  • (vii) la possibilità di essere uno dei pochi soggetti che finora hanno deciso di proiettarsi in questa nuova realtà imprenditoriale che mira anche a restituire valore alla società e all’ambiente.

In questo contesto, tuttavia, è opportuno notare che il legislatore, nell’introdurre questo nuovo “modello” aziendale, non ha originariamente previsto alcun beneficio fiscale per le Benefit Corporation, tanto meno riduzioni dei contributi previdenziali o vantaggi finanziari, e non ha previsto eccezioni alle norme aziendali che impongono particolari requisiti di rendicontazione, e anzi, come meglio specificato di seguito, forse li ha resi più stringenti.

Era quindi legittimo immaginare che senza vantaggi fiscali o incentivi, la diffusione delle Benefit Corporation potesse essere gravemente limitata, soprattutto in termini di attrazione di investitori socialmente responsabili italiani e stranieri.

Tuttavia, il “Decreto Rilancio” ha istituito uno specifico fondo per le Benefit Corporation che ha concesso un credito d’imposta del 50% per l’istituzione o la trasformazione in una Benefit Corporation. L’articolo 38-ter della legge di conversione del “Decreto Rilancio[8]” (Legge n. 77 del 17 luglio 2020, Gazzetta Ufficiale n. 180 del 18 luglio 2020), intitolato “Promozione del sistema delle Benefit Corporation”, ha riconosciuto un contributo sotto forma di credito d’imposta del 50% per ridurre i costi sostenuti per l’istituzione o la trasformazione in una Benefit Corporation.

Infine, va menzionato l’ulteriore intervento a favore delle Benefit Corporation previsto dal Decreto Fiscale – un emendamento all’art. 49 del DDL 2220 contenente “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze impellenti” – che prevede che le Benefit Corporation e in generale tutte le aziende che operano in modo trasparente e responsabile possano ricevere un bonus nelle gare pubbliche. Con l’approvazione di questo emendamento, tutte le aziende avranno accesso a un bonus nelle gare pubbliche se scelgono di valutare i loro impatti sociali e ambientali, anche se non hanno lo status giuridico di Benefit Corporation.

La costituzione di una Benefit Corporation e la trasformazione di un’azienda esistente in una Benefit Corporation

Come già accennato, le Benefit Corporations devono essere costituite in conformità alle formalità prescritte dal legislatore per i tipi di società previsti nel Libro V, Titoli V e VI del Codice Civile, poiché devono essere disciplinate dalle norme applicabili al tipo scelto, ad eccezione ovviamente delle disposizioni specifiche introdotte dalle norme sulle Benefit Corporation. Pertanto, un’azienda può essere costituita come Benefit Corporation al momento della sua costituzione o, se è già stata costituita come società ordinaria, può diventare una Benefit Corporation modificando il contratto sociale e, quindi, lo statuto e il memorandum adottati al momento della costituzione.

La regolamentazione specifica delle Benefit Corporation incide quindi su alcuni aspetti chiave del paradigma aziendale, come l’oggetto, lo scopo e l’interesse dell’azienda, differenziandosi significativamente da quelli delle società che sono orientate esclusivamente al profitto.

Creazione di una Benefit Corporation ex novo

Nel caso di una Benefit Corporation da creare ex novo, le clausole contrattuali che entrano in gioco sono in particolare quelle relative al nome, agli oggetti della società, ai doveri e alle responsabilità dei direttori e alla relazione annuale sull’attività a beneficio, che saranno discusse in seguito in questo articolo.

Una volta identificato il tipo di società che meglio corrisponde alla struttura desiderata dai suoi fondatori, la prima cosa da fare è definire il suo scopo sociale. Questo elemento gioca un ruolo chiave nel caso delle Benefit Corporations, poiché non solo definisce lo scopo della società stessa, ma agisce anche come elemento di attrazione per terzi che, condividendo lo scopo perseguito dalla società, possono decidere di stabilire relazioni commerciali con essa. A tal proposito, l’articolo 1, comma 377 della Legge di Stabilità del 2016 prevede che gli scopi a beneficio comune di una Benefit Corporation devono essere espressamente indicati nello scopo sociale e sono perseguiti attraverso la gestione volta a bilanciare gli interessi degli azionisti e quelli su cui l’attività aziendale può avere un impatto[9].

Il beneficio comune costantemente richiamato dalla legge e l’obiettivo finale dell’attività commerciale svolta dalla Benefit Corporation devono quindi essere correttamente declinati all’interno dello scopo sociale, poiché devono riguardare uno o più effetti positivi o la riduzione degli effetti negativi su una o più categorie tra le persone, i territori, le comunità, l’ambiente, i beni e le attività culturali e sociali, gli enti e le associazioni e altri stakeholder che possono essere generalmente indicati come lavoratori, fornitori, prestatori, creditori, amministrazione pubblica e società civile[10].

La Benefit Corporation dovrà quindi aggiungere le parole “Benefit Corporation”[11] al suo nome o alla sua denominazione commerciale, al fine di permetterle di avvalersi della qualifica in analisi soprattutto nei confronti dei terzi. Come vedremo, una specifica clausola nello statuto dovrà individuare la persona o le persone responsabili dell’affidamento degli incarichi finalizzati alla ricerca del beneficio comune e regolare, ancora con una specifica clausola, gli obblighi dei direttori per la redazione e la pubblicazione della relazione annuale sulla ricerca del beneficio comune.

Trasformazione di una società esistente in Benefit Corporation

Se un’azienda esistente intende trasformarsi in una Benefit Corporation, la struttura aziendale deve invece procedere con la modifica del memorandum e degli statuti mediante una delibera degli azionisti da tenere secondo le modalità prescritte dalla legge. A tal proposito, non sarà sufficiente modificare l’oggetto dell’azienda al fine di introdurre i fini di utilità comune che l’azienda intende perseguire, ma sarà anche necessario apportare modifiche al nome, nonché dettagliare, come già accennato, i doveri e le responsabilità dei direttori nell’ambito dell’attività finalizzata al perseguimento del beneficio comune. Tutti i suddetti cambiamenti dovranno quindi essere depositati, registrati e pubblicati conformemente alle disposizioni di legge per ciascun tipo di azienda ai sensi degli articoli 2252, 2300 e 2436 del Codice Civile.

Gli obblighi dei direttori della Benefit Corporation e la nomina della persona responsabile

Uno degli aspetti principali di una Benefit Corporation è certamente la gestione della società, che deve essere effettuata conformemente alle regole del tipo di società adottato, opportunamente adattato alle disposizioni del comma 380 della Legge n. 208/2015. I canoni tradizionali stabiliti nel Codice Civile in riferimento alla gestione della società e soprattutto all’attuazione dello scopo sociale devono poi essere coordinati con le disposizioni specifiche delle Benefit Corporation. Il comma 380 dell’articolo 1 della legge sopra citata stabilisce infatti che la gestione della Benefit Corporation deve perseguire obiettivi oltre a quelli attribuibili alla corretta realizzazione degli obblighi statutari e legali e coincidere con l’equilibrio degli interessi degli azionisti, la realizzazione degli scopi di beneficio comune e gli interessi delle categorie di cui al comma 376 (persone, comunità, territori e ambiente, beni e attività culturali e sociali, enti e associazioni e altre parti interessate).

Il testo della legge conferisce all’organo amministrativo la massima libertà nella definizione dell’equilibrio tra i diversi interessi che animano l’attività della società. I direttori di una Benefit Corporation devono quindi agire conformemente ai principi generali, prestando particolare attenzione a valutare l’impatto delle loro azioni.

Laddove non sia possibile perseguire contemporaneamente un profitto e un beneficio collettivo esterno, l’organo di governo deve decidere quale interesse deve prevalere e quale deve essere sacrificato. È chiaro che il metro di giudizio per tali scelte gestionali deve essere la diligenza professionale, poiché devono agire informati e prendere decisioni ponderate.

Nella realizzazione dell’oggetto sociale, i direttori possono decidere di allontanarsi dai criteri di massimizzazione del profitto e di aumento della quota azionaria, al fine di raggiungere lo scopo aggiuntivo rappresentato dal beneficio comune, senza pregiudicare ovviamente la piena autonomia e discrezionalità nelle scelte gestionali. La corretta gestione della società deve essere effettuata in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti delle persone, delle comunità, dei territori e dell’ambiente, dei beni e delle attività culturali e sociali, degli enti e delle associazioni e di altre parti interessate, nonché degli azionisti. Ne consegue che il canone tradizionale della “diligenza qualificata” ex art. 2392 del Codice Civile italiano (nelle società per azioni) o della “diligenza qualificata” ex art. 2392 del Codice Civile italiano (nelle società in accomandita per azioni) o della diligenza usata nella gestione ex art. 2476 del Codice Civile (nelle società a responsabilità limitata) o della diligenza del buon padre di famiglia deve necessariamente essere valutato anche alla luce degli scopi di beneficio comune indicati nello scopo sociale della singola Benefit Corporation. In tali società, lo scopo dei poteri di gestione e delle relative responsabilità viene quindi ampliato.

In questo contesto, si deve notare che il beneficio comune è qualificato dalla legge come il perseguimento, nell’esercizio dell’attività economica della Benefit Corporation, di uno o più effetti positivi o la riduzione di effetti negativi su una o più delle categorie sopra indicate. Ciò comporta che i direttori devono gestire la Benefit Corporation perseguendo un effetto positivo o riducendo gli effetti negativi sulle categorie di soggetti rispetto alle quali l’attività dell’azienda può avere un impatto e contemporaneamente perseguire l’attività economica tipica. Tutto ciò determina per i direttori un’ampia discrezionalità riguardo ai metodi da seguire nel bilanciare gli interessi opposti e nella valutazione degli interessi da sacrificare o da far prevalere. Così, nei casi in cui l’oggetto sociale preveda diverse attività di beneficio comune, spetta ai direttori valutare quali siano perseguibili e quali siano dispensabili, o in ogni caso identificare le priorità nelle azioni da intraprendere.

In questo contesto, come è chiaro dalla lettura dell’articolo 1, comma 380 della Legge di Stabilità 2016, la Benefit Corporation ha l’onere di individuare il soggetto o i soggetti responsabili a cui affida funzioni e compiti che consentono di perseguire l’interesse degli azionisti, le finalità di beneficio comune nonché gli interessi delle categorie indicate nel comma 376, in conformità alle disposizioni dell’atto costitutivo.

L’individuazione della persona o delle persone responsabili di tali compiti deve essere prevista e disciplinata in una specifica clausola dello statuto o dell’atto costitutivo. Se non è già individuata nell’atto costitutivo, spetta all’organo amministrativo nominare la persona responsabile in ogni occasione, salvo che non risulti chiaro dalla formulazione della disposizione se debba necessariamente essere una persona esterna al consiglio di amministrazione o (anche) una persona interna.

Il cosiddetto “responsabile dell’impatto” è comunque la figura a cui viene assegnata la responsabilità del processo finalizzato al perseguimento degli obiettivi specifici coerenti con le finalità di beneficio comune e che, a titolo esemplificativo: a) assicura il coinvolgimento di tutte le funzioni aziendali nell’attuazione del piano per il raggiungimento di tali obiettivi nonché del suo miglioramento; b) sostiene i direttori fornendo informazioni e dati sul contesto interno ed esterno in cui l’azienda opera; c) promuove la trasparenza dei risultati dell’impatto garantendo la loro pubblicazione sul sito web e tramite canali appropriati.

Tuttavia, la nomina di tale figura non può esonerare l’organo amministrativo dai specifici doveri e responsabilità imposti dalla legge in materia di gestione finalizzata a bilanciare gli interessi degli azionisti e di coloro sui quali le attività dell’azienda possono avere un impatto, rimanendo quindi l’organo esecutivo responsabile della supervisione.

Tuttavia, la nomina di una figura del genere non può esimere l’organo amministrativo dai specifici doveri e responsabilità imposti dalla legge in termini di gestione mirata a bilanciare gli interessi degli azionisti e di coloro sui quali le attività della società potrebbero avere un impatto, spettando comunque all’organo esecutivo la responsabilità della supervisione.

Pertanto, la disposizione (articolo 1, comma 380 della Legge di Stabilità del 2016) prevede che in caso di mancata gestione della Benefit Corporation in modo da garantire il bilanciamento degli interessi degli azionisti, il perseguimento degli scopi di beneficio comune e gli interessi delle categorie di cui al comma 376 e stabiliti nel contratto sociale, tale circostanza può costituire una violazione dei doveri imposti ai direttori dalla legge e dallo statuto sociale. In caso di violazione di tali doveri, si applicano le disposizioni del Codice Civile relative a ciascun tipo di società in merito alla responsabilità dei direttori.

A tal proposito, il diritto societario prevede, come è noto, oltre all’azione di responsabilità sociale e all’azione dei creditori, un’azione di responsabilità individuale che può essere promossa da un azionista o terzo che sia stato “direttamente danneggiato dagli atti negligenti o intenzionali dei direttori” (ai sensi degli articoli 2395 e 2476(6) del Codice Civile italiano).

Per quanto riguarda i potenziali beneficiari degli scopi di beneficio (cosiddetti stakeholders), si potrebbe considerare che le azioni di responsabilità individuale possano essere promosse contro i direttori ai sensi degli articoli 2395 o 2476, comma 6 del Codice Civile, o anche l’azione generale ai sensi dell’articolo 2043 del Codice Civile.

L’azione ai sensi dell’articolo 2395 del Codice Civile italiano potrebbe essere promossa dai portatori di interesse nel caso in cui i direttori, con un atto negligente o intenzionale, abbiano creato una legittima aspettativa che la società adempia al beneficio comune promesso (anche mediante la relazione annuale allegata al bilancio ai sensi del comma 382 della Legge di Stabilità del 2016, che verrà discussa di seguito), inducendo i portatori di interesse a prendere decisioni (ad esempio, nelle loro relazioni contrattuali con la società) che altrimenti non avrebbero preso[12].

Nel contesto sopra descritto, tuttavia, data la limitata portata delle regole in analisi, risulta certamente difficile identificare cosa possa essere considerato un atto di cattiva gestione o scorrettezza da parte dell’organo amministrativo. Certamente, i direttori devono basare le loro scelte sul principio di agire in modo responsabile, sostenibile e trasparente, principi che devono generalmente guidare le azioni di una Benefit Corporation. Si potrebbe quindi considerare esente da colpa un direttore che abbia diligentemente e in modo informato bilanciato i vari interessi in gioco, favorendo la soluzione che appare migliore e nella assenza di interessi personali, agendo in buona fede e nella assenza di conflitto di interessi. Sembra quindi ragionevole assumere che, anche con la struttura attuale delle regole in analisi, un direttore (o direttori) che non abbiano raggiunto gli obiettivi di beneficio comune previsti nello statuto non possano essere ritenuti responsabili se hanno comunque agito diligentemente nel bilanciare i vari interessi menzionati.

È anche importante notare che ogni violazione degli obblighi da parte dei direttori relativi alla realizzazione del beneficio comune potrebbe essere considerata come una violazione da parte della stessa società o come un atto illecito attribuibile ad essa, a titolo di pratica commerciale sleale o di comportamento anticoncorrenziale. In questo senso, infatti, il paragrafo 384 dell’articolo 1 della Legge di Stabilità del 2016 specifica che se la Benefit Corporation non perseguisse gli scopi di beneficio comune imposti dalla legislazione applicabile, sarebbe soggetta alle disposizioni del “decreto legislativo n. 145 del 2 agosto 2007 sulla pubblicità ingannevole e delle disposizioni del codice del consumo ai sensi del decreto legislativo n. 206 del 6 settembre 2005.

È quindi evidente che qualsiasi entità che desideri adottare una forma giuridica rientrante nella categoria “beneficio” come descritto sopra deve farlo sapendo che l’Autorità Antitrust monitorerà costantemente lo scopo effettivo di beneficio comune come indicato nello scopo societario [13].

Il rapporto annuale sulla ricerca del beneficio comune e gli strumenti di valutazione della Benefit Corporation

La Benefit Corporation è tenuta per legge a rendere conto annualmente ai propri stakeholder della sua capacità di creare valore per la società, pubblicando un rapporto speciale – previsto dall’articolo 1, comma 382 della legge in questione – che stabilisce chiaramente gli obiettivi, i risultati e gli impatti delle sue azioni.

Il rapporto annuale è redatto dall’organo amministrativo dell’azienda che, nel redigerlo, ha il compito di fornire un aggiornamento preciso e tempestivo sulla ricerca del “beneficio comune” che la Benefit Corporation persegue secondo il proprio scopo aziendale. Il rapporto deve essere allegato ai bilanci approvati annualmente dall’azienda e deve includere i seguenti elementi:

  • una descrizione degli obiettivi specifici, dei metodi e delle azioni attuate dai dirigenti per perseguire lo scopo del beneficio comune e delle eventuali circostanze che ne hanno impedito o rallentato l’attuazione;
  • una valutazione dell’impatto generato utilizzando lo standard di valutazione esterno con le caratteristiche descritte nell’Allegato 4 e includendo a sua volta le aree di valutazione identificate nell’Allegato 5 (entrambi descritti di seguito) dello stesso standard;
  • una sezione dedicata alla descrizione dei nuovi obiettivi che l’azienda intende perseguire nell’anno finanziario successivo.

Il rapporto relativo alla ricerca del beneficio comune, redatto e approvato dall’organo amministrativo, deve essere reso disponibile – come gli altri documenti contabili – al collegio sindacale, se nominato. Non è prevista alcuna disposizione per la presentazione del rapporto presso la sede sociale della società prima della riunione per l’approvazione del bilancio, né per la sua approvazione da parte della riunione. Tuttavia, sembra auspicabile che il rapporto sia reso disponibile presso la sede sociale della società (prima della data fissata per l’assemblea degli azionisti) come qualsiasi altro documento (bilancio, relazione degli amministratori, ecc.) al fine di fornire agli azionisti le informazioni necessarie per proteggere i loro diritti e per votare informati all’assemblea.

Infine, la norma specifica che questo rapporto annuale deve essere pubblicato sul sito web dell’azienda, se esiste.

Il rapporto annuale è quindi lo strumento principale di rendicontazione a disposizione della Benefit Corporation ed è legato sia alle aspettative dell’azienda di ottenere gli effetti reputazionali del soddisfacimento della sua “missione sociale” sia alla valutazione degli stakeholder dell’effettiva realizzazione dei benefici promessi.

Al fine di effettuare una specifica valutazione dell’impatto generato dalla Benefit Corporation durante l’anno finanziario e in termini di beneficio comune, la normativa richiede anche di adottare uno standard di valutazione esterna, le cui caratteristiche sono descritte nell’Allegato 4 della normativa in esame.

Questo standard di valutazione esterna (che deve essere sviluppato da una terza parte rispetto all’azienda) mira a fornire una relazione sulle prestazioni riguardanti il raggiungimento dei benefici promessi o negati nell’ambito dell’oggetto sociale e deve avere le seguenti caratteristiche:

  1. deve essere completo ed articolato nella valutazione dell’impatto dell’azienda e delle sue azioni nel perseguimento dell’obiettivo di beneficio comune sulle persone, comunità, territori e ambiente, beni e attività culturali e sociali, organismi e associazioni ed altri stakeholder;
  2. deve essere sviluppato da un’entità che non sia controllata o affiliata alla Benefit Corporation;
  3. deve essere credibile poiché sviluppato da un’entità che: ha accesso alle competenze necessarie per valutare l’impatto sociale ed ambientale delle attività di un’azienda nel loro insieme, utilizza un approccio scientifico e multidisciplinare per sviluppare lo standard, eventualmente includendo un periodo di consultazione pubblica,
  4. deve essere trasparente poiché le informazioni su di esso sono rese pubbliche e in particolare:
  • i criteri utilizzati per misurare l’impatto sociale ed ambientale delle attività di un’azienda nel loro insieme;
  • i pesi utilizzati per i diversi criteri di misura;
  • l’identità dei direttori e dell’organo di governo dell’entità che ha sviluppato e gestisce lo standard di misura;
  • il processo mediante il quale sono effettuate le modifiche e gli aggiornamenti allo standard;
  • una rendicontazione del reddito dell’istituzione e delle fonti di sostegno finanziario per escludere possibili conflitti di interesse.

Nell’Allegato 5 (Aree di Valutazione), la normativa in questione identifica le aree settoriali che devono necessariamente essere incluse nella valutazione dell’attività di beneficio comune e del suo impatto e che devono essere prese in considerazione nella relazione annuale. Pertanto, questa valutazione dovrebbe includere le seguenti aree di analisi:

  • corporate governance, per valutare il grado di trasparenza e responsabilità dell’azienda nella ricerca del beneficio comune, con particolare attenzione allo scopo dell’azienda, al livello di coinvolgimento degli stakeholder e al grado di trasparenza delle politiche e delle pratiche adottate dall’azienda;
  • lavoratori, per valutare le relazioni con dipendenti e collaboratori in termini di retribuzione e benefici, formazione e opportunità di crescita personale, qualità dell’ambiente di lavoro, comunicazione interna, flessibilità e sicurezza sul lavoro;
  • altri stakeholder, per valutare le relazioni dell’azienda con i propri fornitori, con il territorio e le comunità locali in cui opera, le azioni volontarie, le donazioni, le attività culturali e sociali e qualsiasi azione che supporti lo sviluppo locale e la sua filiera di fornitura;
  • ambiente, per valutare gli impatti dell’azienda, con una prospettiva di ciclo di vita dei prodotti e dei servizi, in termini di uso delle risorse, energia, materie prime, processi produttivi, processi logistici e di distribuzione, uso e consumo e fine vita.

Si tratta di una lista dettagliata e, a prima vista, esaustiva delle aree più rilevanti in cui possono essere apprezzati e misurati gli effetti positivi delle azioni della Benefit Corporation, in base allo standard utilizzato. Tuttavia, non è chiaro se la Benefit Corporation possa scegliere quali di queste aree valutare, limitando la misurazione dell’impatto (e la relativa segnalazione) a una o più di esse, o se debba utilizzare lo standard (e segnalare) per ciascuna delle diverse aree identificate dal legislatore[14].

Limiti alla legislazione sulle Benefit Corporations

Alla luce della breve analisi effettuata riguardo alle Benefit Corporations, prendendo in considerazione in particolare la concisione dei paragrafi della Legge di Stabilità 2016 che le regolamenta, rimangono aperti una serie di questioni critiche e “zone grigie” che non sono ancora state chiarite dal legislatore e che possono essere riassunte come segue:

  • la legislazione non specifica se gli scopi di beneficio comune da perseguire debbano essere legati alle attività caratteristiche dell’azienda;
  • non regola o chiarisce il possibile diritto di recesso dell’azionista nel caso in cui, in un’azienda esistente, lo scopo societario venga modificato al fine di adattarlo a qualsiasi scopo di beneficio. In questo caso sarà necessario verificare caso per caso se il tipo di modifiche introdotte al fine di sottoporre l’azienda alle nuove norme lasci o meno immutata l’attività aziendale svolta[15];
  • non esiste l’obbligo di un registro di tutti i rapporti annuali riguardanti il perseguimento del beneficio comune dove questi possono essere archiviati e resi disponibili per le aziende che non sono obbligate a pubblicare i propri bilanci o che non dispongono di un sito web. Questo problema non esiste per le aziende che sono obbligate a pubblicare i propri rapporti annuali e renderli immediatamente disponibili a terzi;
  • non c’è obbligo per le Benefit Corporations di pubblicare il nome dell’ente societario incaricato delle azioni che la Benefit Corporation deve svolgere al fine di perseguire gli scopi di beneficio comune;
  • la particolare onerosità per una piccola e media impresa di mettere in atto il processo di identificazione di uno standard che soddisfi tutti i requisiti dell’Allegato 4 dello standard in esame;
  • la difficoltà di capire se il ruolo della persona responsabile per il perseguimento del beneficio comune debba necessariamente essere attribuito a una persona al di fuori del consiglio di amministrazione. Per quanto riguarda i requisiti soggettivi del manager, lo standard non fornisce alcun dettaglio.

[1] Ai sensi dell’articolo 25, comma 4, del Decreto Legge n. 179 del 18 ottobre 2012, convertito nella legge italiana n. 221 del 17 dicembre 2012.

[2] Decreto Legge n. 155 del 24 marzo 2006.

[3]  Secondo la legge (comma 377 dell’articolo 1 della legge di stabilità del 2016), “ciascuna delle società di cui al Libro V, Titoli V e VI, del codice civile”, ovvero le società di persone (società semplici, società in nome collettivo, società in accomandita semplice) e le società di capitali (società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata semplificata, cooperative e mutue assicuratrici) possono perseguire uno o più scopi di beneficio comune.

[4] S. Corso, Le società “benefit” nell’ordinamento italiano: una nuova “qualifica” tra profit e non-profit, Le Nuove Leggi Civili Commentate 5/2015, 999.

[5]  Il progetto di legge n. 1882 contenente “Disposizioni per la diffusione di società che perseguono il duplice scopo di lucro e di beneficio comune” era composto da sei articoli e due allegati (A e B) che sono stati trasfusi senza modifiche nella legge n. 208 del 28 dicembre 2015.

[6]  G. RIOLFO, in Le società “benefit” in Italia: prime riflessioni su una recente innovazione legislativa, Studium Iuris 6/2016, 722.

[7] Nel 2010, il Maryland è stato il primo stato americano a istituire la forma giuridica della Benefit Corporation, che, oltre al suo scopo di profitto, ha lo scopo di generare un impatto positivo sulla società.

[8] Decreto Legge n. 34 del 19 maggio 2020.

[9] Per quanto riguarda il possibile scopo aziendale di una Società Benefit, ecco un esempio: “Ai sensi e per gli scopi della Legge del 28 dicembre 2015, Articolo Unico, commi 376-384, la Società, oltre allo scopo di condividere i suoi profitti, persegue il seguente [o: i seguenti] scopo comune di beneficio e opera in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti delle persone, delle comunità, del territorio e dell’ambiente, dei beni e delle attività culturali e sociali, degli enti e delle associazioni e degli altri stakeholder. La società ha quindi uno scopo multiplo composto dalle seguenti attività:

  • attività profittevoli: [da dettagliare di seguito].
  • attività a beneficio: nell’esercizio della sua attività economica, la società perseguirà uno o più effetti positivi, o la riduzione degli effetti negativi, su una o più delle seguenti categorie [deve essere indicato qui almeno una delle seguenti: dipendenti, clienti, fornitori, comunità, territori e ambiente, beni e attività culturali e sociali, enti e associazioni e altri stakeholder]. A tal fine, a titolo di esempio e in conformità alle procedure e ai limiti stabiliti nel piano [annuale/biennale/triennale] per la realizzazione delle attività di beneficio comune approvato alla fine di ciascun esercizio finanziario per l’anno successivo, come indicato nei seguenti articoli, la società si impegnerà in [specificare le attività]. Al fine di attuare gli obiettivi della società, la società può svolgere le seguenti operazioni: [specificare le attività strumentali, correlate, consequenziali, accessorie]” (in Società Benefit Breve Guida alla Costituzione e alla Gestione preparata e pubblicata sul sito della Camera di Commercio di Taranto).

[10] Nel caso di società già esistenti, se gli azionisti desiderano procedere alla trasformazione in una Società Benefit, questa decisione deve essere adottata con una delibera dell’assemblea degli azionisti in conformità alla legislazione applicabile alla specifica società in questione.

[11] Per quanto riguarda il nome, ecco un possibile esempio da includere nell’atto costitutivo della società da costituire: “Società a responsabilità limitata denominata: ALFA Società Benefit a responsabilità limitata” o in forma abbreviata “ALFA S.B. S.r.l.” o “ALFA S.B.r.l.” (in Società Benefit Breve Guida alla Costituzione e Gestione preparata e pubblicata sul sito della Camera di Commercio di Taranto).

[12] S. Corso in Le Società Benefit nell’Ordinamento Italiano: una nuova “qualifica” tra profit e non-profit, op. cit., 1025.

[13] Vale la pena ricordare che ai sensi del Decreto Legislativo n. 146/2007, la pubblicità è intesa come ogni forma di messaggio diffuso nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale per la promozione di beni o servizi. La pubblicità è ‘ingannevole’ quando è “idonea ad ingannare le persone fisiche o giuridiche a cui è rivolta o che raggiunge e che, per il suo carattere ingannevole, è idonea a pregiudicare il loro comportamento economico o che, per tale ragione, è idonea a recare danno ad un concorrente”. Secondo il Codice del Consumo, una pratica commerciale ingannevole è quella che “contiene informazioni non veritiere o, sebbene corrette dal punto di vista dei fatti, induce o è idonea ad indurre in qualsiasi modo, anche solo nella sua presentazione complessiva, il consumatore medio in errore.

[14] S. Corso, op. cit, 1030.

[15] La questione dovrà essere risolta in modo diverso a seconda del caso concreto e del tipo di società utilizzata. A tal proposito, vale la pena notare, limitando la portata dell’indagine alle Società Benefit che sono state costituite come società per azioni, la differenza tra l’articolo 2437 del Codice Civile italiano e l’articolo 2473 del Codice Civile italiano. Mentre nel caso della S.p.A. il diritto di recesso è legato, tra l’altro, alla modifica della clausola dell’oggetto sociale che comporta una significativa modifica dell’attività della società, nel caso della S.r.l. si fa riferimento alla mera modifica dell’oggetto sociale, anche se la stessa disciplina prevede l’ulteriore ipotesi di recesso in caso di operazioni che comportano una sostanziale modifica dell’oggetto sociale determinato nello statuto. Ciò dovrebbe implicare il diritto di recesso da parte dell’azionista al verificarsi della modifica della clausola dell’oggetto sociale con la previsione di un ulteriore scopo di beneficio comune estraneo all’attività originaria della società, quando l’attività di quest’ultima subisce significativi cambiamenti rispetto al progetto imprenditoriale iniziale e rilevanti anche dal punto di vista del rischio dell’investimento.

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