L’IA e la proprietà intellettuale: una sfida giuridica nell’era digitale

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L’avvento dell’Intelligenza Artificiale (IA) ha innescato una rivoluzione tecnologica che permea ogni aspetto della società contemporanea, incluso il complesso ambito della proprietà intellettuale. Questa innovazione dirompente, capace di generare design, contenuti artistici e prodotti commerciali, non si limita a offrire opportunità di progresso, ma solleva anche questioni fondamentali riguardo alla natura della creatività e alla tutela dei diritti d’autore nell’era digitale.

La sfida della titolarità dei diritti d’autore nell’era dell’IA

Il paradigma tradizionale della proprietà intellettuale, incentrato sulla figura dell’inventore come persona fisica o giuridica, si trova oggi a confrontarsi con scenari inediti. Quando un’opera viene generata da un sistema di IA, la questione della titolarità dei diritti diventa estremamente complessa. Si pongono infatti molteplici interrogativi: il proprietario del sistema IA può reclamare la titolarità delle opere generate? O tale diritto spetta al programmatore che ha sviluppato l’algoritmo? O ancora, possiamo concepire il sistema di IA stesso come titolare dei diritti, privo di qualsiasi caratterizzazione umana?

Queste domande mettono in luce la tensione tra l’impostazione consolidata della tutela della proprietà intellettuale, che privilegia l’aspetto umano e creativo, e le esigenze di innovazione poste dalle nuove tecnologie. È evidente che il quadro normativo attuale necessita di un’evoluzione per adattarsi a questa nuova realtà.

 

L’AI Act e la tutela della proprietà intellettuale

L’approvazione del Regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale (AI Act) il 13 marzo 2024 rappresenta un tentativo significativo di affrontare queste sfide a livello normativo. Il capitolo V del regolamento, dedicato ai “General Purpose AI Model” (GPAI), introduce meccanismi di compliance con la normativa comunitaria in materia di diritto d’autore.

In particolare, l’articolo 53 del AI Act fa riferimento all’articolo 4.3 della Direttiva (UE) 2019/1970, che consente ai titolari del diritto d’autore di manifestare il proprio dissenso (opt-out) per impedire l’estrazione di testo e dati dalle loro opere per finalità commerciali. Questa disposizione mira a bilanciare gli interessi degli autori con le esigenze di sviluppo dell’IA.

Inoltre, il secondo comma dell’articolo 53 introduce una deroga per i fornitori di GPAI rispetto agli obblighi di documentazione, se i modelli sono rilasciati a condizioni aperte e libere, salvo presentino notevoli rischi sistematici. Questa disposizione mira a promuovere l’innovazione, pur mantenendo un controllo sui rischi potenziali.

Il caso dell’industria musicale: un banco di prova per i diritti d’autore nell’era dell’IA

L’industria musicale offre un esempio emblematico delle sfide poste dall’IA alla proprietà intellettuale. Il recente caso della Recording Industry Association of America (RIAA) contro i fornitori di servizi IA Suno e Udio illustra la complessità della questione. L’accusa di violazione del diritto d’autore si basa sull’utilizzo non autorizzato di brani musicali per addestrare sistemi IA capaci di generare registrazioni audio da input testuali.

Questo caso solleva questioni cruciali sulla natura del consenso e della compensazione nel contesto dell’IA. Gli artisti e i professionisti del settore musicale si trovano di fronte a una tecnologia in grado di replicare le loro voci e stili senza autorizzazione preventiva o compenso. Ciò non solo minaccia il loro modello di business, ma mette in discussione i valori fondamentali della creatività artistica.

Il caso Dabus: la brevettabilità delle opere generate dall’IA

Il caso Dabus, che vede protagonisti l’imprenditore americano Steven Thaler e il sistema IA Dabus, ha portato alla ribalta la questione della brevettabilità delle opere generate dall’IA. La maggior parte degli uffici brevetti, incluso l’European Patent Office (EPO), ha respinto le domande di brevetto presentate da Thaler, basandosi sul principio che solo una persona fisica può essere designata come inventore.

Questa posizione, pur essendo coerente con l’attuale quadro normativo, evidenzia la necessità di un ripensamento delle categorie giuridiche tradizionali alla luce delle nuove possibilità offerte dall’IA. Il caso dell’ufficio brevetti sudafricano, che ha riconosciuto Dabus come inventore, pur con portata limitata, suggerisce che alternative sono possibili e meritevoli di considerazione.

L’impatto dell’IA sulle professioni intellettuali

L’avvento dell’IA sta trasformando profondamente anche le professioni intellettuali, come quella legale. La “prodottizzazione” delle prestazioni professionali, ovvero la creazione di prodotti scalabili basati su IA, offre nuove opportunità ma solleva anche preoccupazioni sulla natura intellettuale di queste professioni.

Tuttavia, anziché vedere l’IA come una minaccia, è possibile concepirla come uno strumento complementare che può arricchire e potenziare le capacità dei professionisti. L’integrazione dell’IA nelle pratiche professionali richiede un continuo aggiornamento e adattamento, sfidando i professionisti a innovare i loro metodi di lavoro e di relazione con i clienti.

Prospettive future e necessità di armonizzazione

L’AI Act rappresenta un primo passo significativo verso l’armonizzazione della disciplina dell’IA a livello europeo. Tuttavia, spetterà ai singoli Stati membri implementare efficacemente queste disposizioni, e alle corti nazionali il compito di bilanciare gli interessi in gioco: da un lato, la tutela della creatività umana, dall’altro, le esigenze di innovazione e competitività del mercato.

In Italia, il DDL Butti, approvato il 23 aprile 2024, cerca di affrontare queste sfide, in particolare per quanto riguarda la tutela del diritto d’autore delle opere generate con l’ausilio dell’IA. La proposta di estendere la definizione di “opera d’ingegno” per includere le opere generate dall’IA, purché il contributo umano sia prevalente, rilevante e dimostrabile, rappresenta un tentativo di adattare il quadro normativo esistente alle nuove realtà tecnologiche.

Conclusioni

L’impatto dell’IA sulla proprietà intellettuale è profondo e multiforme, richiedendo un ripensamento delle categorie giuridiche tradizionali e un’evoluzione del quadro normativo. Le sfide sono numerose: dalla definizione di creatività nell’era digitale alla tutela dei diritti degli autori umani, dalla brevettabilità delle opere generate dall’IA all’adattamento delle professioni intellettuali.

La risposta a queste sfide richiederà un approccio equilibrato e flessibile, capace di promuovere l’innovazione tecnologica senza sacrificare i principi fondamentali della proprietà intellettuale. Sarà cruciale monitorare attentamente l’implementazione di normative come l’AI Act e il DDL Butti, valutandone l’efficacia pratica e la capacità di risolvere le ambiguità interpretative legate al binomio uomo-macchina.

In questo contesto di rapida evoluzione, il ruolo dei professionisti del diritto, dei legislatori e degli sviluppatori di IA sarà fondamentale. La loro capacità di collaborare, comprendere le nuove tecnologie e adattare il quadro giuridico sarà determinante per garantire che l’IA diventi uno strumento di potenziamento della creatività umana, anziché una minaccia per essa.

Per approfondire…

  1. Regolamento (UE) 2024/XXX del Parlamento europeo e del Consiglio sull’Intelligenza Artificiale (AI Act), 13 marzo 2024.
  2. Direttiva (UE) 2019/1970 del Parlamento europeo e del Consiglio, 17 aprile 2019.
  3. Decisione dell’European Patent Office (EPO) sulle domande di brevetto di Dabus, 21 dicembre 2021.
  4. Disegno di Legge Butti sull’Intelligenza Artificiale, approvato il 23 aprile 2024.
  5. Legge sul diritto d’autore (Legge 22 aprile 1941, n. 633).
  6. Convenzione sul brevetto europeo (EPC).
  7. Recording Industry Association of America (RIAA) v. Suno and Udio, caso giudiziario, 24 giugno 2024.

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