Visto Nazionale per l’Italia tramite la costituzione di un Ufficio di Rappresentanza: Realtà o Finzione?

Contenuti

Disamina dei profili giuslavoristici e di diritto dell’immigrazione in materia di distacco transnazionale

Recentemente sono stati pubblicati on-line molti articoli circa il presunto “Rep Office Visa”. Rivoluzione nel diritto dell’Immigrazione Italiano? Fantasia? O rispolverata notizia del passato? Facciamo un po’ di chiarezza con la normativa Italiane ed Europea rilevante alla mano per distinguere la realtà dalle illusioni ottiche del web.

La presente disamina partirà dalla nozione generale di distacco transnazionale e degli elementi essenziali di questa fattispecie, che è di matrice giuslavoristica ma nell’ambito del quale può effettivamente verificarsi lo spostamento di un lavoratore extra UE verso una Società, una sede secondaria o un ufficio di rappresentanza situato in Italia o in altro Paese dell’Unione Europea. Nel primo capitolo dell’Articolo sarà dunque dedicata particolare attenzione ai requisiti sostanziali di un distacco transnazionale, alle tutele previsti per i lavoratori distaccati e agli oneri incombenti sull’ente distaccante e sull’ente distaccatario, comprese le relative sanzioni in caso di inottemperanza (Capitolo A).

Successivamente, verrà illustrata la normativa in materia di diritto dell’Immigrazione applicabile ai cittadini Extra UE che intendono ottenere un Visto per distacco transnazionale e permanere in Italia su tali basi. (Capitolo B)

Sarà infine possibile comprendere e scrutinare la fattispecie più specifica del distacco verso un ufficio di rappresentanza e disvelare i falsi miti che circolano sul web su questa tipologia di visto. (Capitolo C)

Capitolo A: Il Distacco Transnazionale in Ambito Giuslavoristico

La fattispecie del distacco transnazionale si verifica quando un’impresa, con sede in un altro Stato membro dell’Unione Europea o in uno Stato extra UE, invia in Italia o in altro Paese UE uno o più lavoratori subordinati[1] affinché svolgano un’attività lavorativa nella sede di destinazione.

L’impresa che invia il lavoratore è detta “distaccante”. L’ente ricevente è detto “distaccatario”.

Come si esaminerà nel successivo sotto capitolo A1, esistono diverse fattispecie di distacco transnazionale, a ciascuna delle quali corrisponde una diversa ragione/causa giustificativa. D’altra parte, il denominatore comune di tutte le tipologie di distacco transnazionale è che, per tutta la sua durata, il rapporto di lavoro subordinato deve continuare a intercorrere tra il lavoratore distaccato e l’impresa straniera distaccante. Inoltre, la prestazione lavorativa svolta nell’ente di destinazione deve necessariamente avere durata limitata ed essere espletata per conto dell’impresa distaccante, sulla quale continuano a gravare i tipici obblighi del datore di lavoro, ossia la responsabilità in materia di assunzione, la gestione del rapporto, i connessi adempimenti retributivi e previdenziali, nonché il potere disciplinare e di licenziamento.

La disciplina in materia di distacco transnazionale è contenuta, a livello di legislazione nazionale, nel D.lgs. n.136/2016, il quale è stato emanato in attuazione della Direttiva 2014/67/UE, la quale a sua volta disciplina l’applicazione delle Direttiva 96/71/CE, norma europea capostipite in materia di distacco transnazionale e relative tutele[2].

La normativa citata è volta a tutelare i lavoratori distaccati nel territorio italiano da parte di imprese stabilite in un altro Stato Membro dell’Unione Europea o anche in Stati extraeuropei, assicurando il rispetto di un solido nucleo di tutele inerenti alle condizioni di lavoro, alla salute e alla sicurezza anche a rapporti di lavoro di natura straniera, siano tali tutele previste dalla legge o dai contratti collettivi applicabili nello Stato ove il lavoratore viene distaccato[3].

La ragione di queste tutele è anche a garanzia di una leale concorrenza tra le imprese nazionali e quelle che svolgono una prestazione di servizi transnazionali in Italia (o più in generale nel territorio dell’UE) [4]. Queste ultime, diversamente, si troverebbero a poter operare sul mercato a condizioni maggiormente vantaggiose rispetto alle imprese Italiane (o Europee), realizzando il fenomeno soprannominato come “dumping sociale”.

A.1 Le tipologie di distacco transnazionale

Le tre macrocategorie di distacco transnazionale sono le seguenti:

  1. Il distacco di un lavoratore verso un’unità produttiva (sussidiaria, sede secondaria o ufficio di rappresentanza) della medesima società o presso altra società appartenente allo stesso gruppo (d. Distacco infra-gruppo o interno[5].
  2. Il distacco di un lavoratore verso altra società nell’ambito di un contratto di prestazione d’opera o di servizio (contratto d’appalto), ove l’impresa di destinazione (distaccataria) è qualificabile come committente della prestazione che dovrà effettuare la società distaccante, qualificabile come appaltatrice. In questo contesto, lo spostamento del lavoratore è funzionale all’esecuzione della prestazione dovuta da parte dell’impresa distaccante, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, in favore di quella distaccataria (c.d. Distacco su appalto)[6].
  3. Il distacco di un lavoratore da un’agenzia di somministrazione di lavoro di altro Stato membro presso un’impresa utilizzatrice avente la propria sede o un’unità produttiva in Italia (d. Distacco-Somministrazione[7].

Le agenzie di somministrazione di lavoro, comunemente conosciute come agenzie interinali o agenzie per il lavoro, sono aziende specializzate nella fornitura di personale temporaneo a imprese e organizzazioni che necessitano di coprire temporaneamente posizioni vacanti o gestire picchi di lavoro. Queste agenzie fungono da intermediario tra le aziende che cercano personale temporaneo (aziende committenti) e i lavoratori disponibili per impieghi temporanei. Esse si interpongono come formali datori di lavoro, si assumono l’onere di tutti gli aspetti amministrativi del rapporto, tra cui la gestione del contratto di lavoro temporaneo, e la gestione delle paghe. D’altra parte, la prestazione lavorativa verrà svolta in favore e per la società c.d. committente, che eserciterà il potere direttivo sui lavoratori, fornirà l’organizzazione e i mezzi produttivi e si assumerà il relativo rischio di impresa.

Anticipiamo sin da ora che il diritto dell’Immigrazione Italiano contempla la concessione di un visto per lavoro a cittadini Extra UE unicamente nell’accezione di distacco interno o infra-gruppo o di distacco su appalto. Rimane quindi esclusa la possibilità che un’Agenzia di somministrazione fornisca lavoratori extra UE a Società Italiane, perché questa ipotesi di Visto non è contemplata dalla legge.

È infine appena il caso di notare che tutti i distacchi che interessano cittadini UE non richiedano l’espletamento di alcuna procedura di immigrazione in quanto i cittadini UE godono del diritto di spostarsi liberamente tra gli stati Membri e stabilirvi la propria residenza senza bisogno di alcun visto per via del principio fondante della libera circolazione dei Lavoratori[8].

A.2 Obblighi dell’Impresa Distaccante (di provenienza del lavoratore)

Durante il periodo del distacco e fino a 2 anni dalla cessazione, l’azienda straniera distaccante deve adempiere ai seguenti obblighi, oltre all’evidente onere di continuare a retribuire il lavoratore[9]:

  1. Eseguire la dichiarazione preventiva di distacco del personale impiegato in Italia entro le ore 24 del giorno antecedente l’inizio del distacco stesso e comunicare tutte le successive modificazioni entro 5 giorni dal verificarsi dell’evento, secondo le modalità definite nel Decreto Ministeriale n. 170, 6 Agosto 2021. La dichiarazione preventiva di distacco deve contenere diverse informazioni specificamente previsti con apposita Circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (Circolare INL n. 3/2016), e deve essere compilata anche sulla base delle indicazioni aggiuntive contenute nella Nota INL n. 1659, 29 ottobre 2021. Tra queste informazioni figurano ad esempio le generalità dei lavoratori distaccati, la tipologia di distacco posta in essere, i dati identificativi della Società distaccante, la durate del distacco, la sede di destinazione e le generalità del referente di cui al successivo punto 3. La procedura di comunicazione, a partire dal 1° marzo 2017 deve espletata tramite apposita piattaforma del Ministero del Lavoro (Nota INL 28 febbraio 2017 n.1670). Le sanzioni amministrative previste per il mancato rispetto degli obblighi di comunicazione ammontano a 180 a 600 Euro per ciascuna violazione e per ogni lavoratore interessato[10].
  2. Conservare, e predisporre in lingua italiana, la documentazione in materia di lavoro. Nello specifico: contratto di lavoro, prospetti paga, prospetti indicanti gli orari di lavoro giornalieri, documentazione comprovante il pagamento delle retribuzioni, la comunicazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro e il certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile[11]. Si precisa che la documentazione tradotta in lingua italiana dovrebbe essere già disponibile al momento dell’eventuale accertamento da parte delle autorità ispettive, a pena di incorrere nelle sanzioni di cui alla Circolare INL n.1/2017. La violazione di quest’obbligo è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro, per ogni lavoratore interessato[12].
  3. Designare, durante il periodo di distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato di inviare e ricevere atti e documenti e con poteri di rappresentanza per tenere i rapporti con le parti sociali. In mancanza, la sede dell’impresa distaccante si considera il luogo dove ha sede legale o risiede il destinatario della prestazione di servizi[13]. La violazione di questo obbligo è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 6.000 euro[14]
  4. Garantire il rispetto delle condizioni di lavoro minime previste in Italia dalle disposizioni normative e dai contratti collettivi di settore applicabili quanto a salario minimo, orari massimi di lavoro, salute e sicurezza sul lavoro, e altri aspetti considerati di importanza preminente come individuati dal lgs. 17 luglio 2016 n. 136.[15]
  5. Retribuire il lavoratore. Se il rapporto di lavoro è sempre mantenuto con la società di provenienza (c.d. distaccante) durante tutto il periodo di distacco, nel cui interesse aziendale viene per giunta effettuato il distacco del lavoratore su altra sede, va da sé che sarà suo onere retribuire il lavoratore.
  6. Pagare i contributi di sicurezza sociale al lavoratore nel Paese in cui egli presta l’attività lavorativa durante il periodo di distacco[16]. I contributi coprono l’eventuale costo di prestazioni di malattia, maternità, invalidità, vecchiaia e simili[17], sono dovuti in eguale misura a quanto previsti per i cittadini dello Stato di destinazione[18] e, in Italia, per tutti i lavoratori subordinati, sono pagati all’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale).

Da quanto detto sin ora, si evince come la normativa esprima un generale principio di applicabilità della “Lex Loci Laboris” (Legge del Luogo di Lavoro).

Questo principio assume due declinazioni di maggior portata: una in materia di condizioni di lavoro minime, di cui si è detto al punto 4 del presente sotto capitolo; e una in materia di sicurezza sociale, di cui si è detto al punto 6.

La disciplina in materia di sicurezza sociale e di coordinamento tra i diversi sistemi in caso di prestazioni lavorative transfrontaliere è stata adottata a livello Europeo e per i cittadini Europei con il Regolamento CE n. 883/2004 & il relativo Regolamento Attuativo CE n. 987/2009. L’applicabilità di queste norme è però stata espressamente estesa anche ai cittadini extra UE dal Regolamento (UE) n. 1231/2010[19] e dal D. lgs. n. 136, 17 luglio 2016[20].

Ciò detto, non può tacersi che, in materia di sicurezza sociale, esistono importanti deroghe al principio della Lex Loci laboris, che ne attenuano notevolmente la portata.

In ambito di distacchi intra-europei (tra Paesi membri dell’Unione Europea), l’eccezione più importanti alla regola generale della Lex Loci Laboris è costituita dal c.d. Certificato A1, secondo quanto previsto dallo stesso Reg. (CE) n. 883/2004[21] e dalla circolare INPS n. 136 del 23 Dicembre 2022. Se richiesto e ottenuto dallo Stato UE di provenienza del lavoratore, esso esonera il datore di lavoro dal pagamento dei contributi nel Paese di destinazione del lavoratore distaccato.

In ambito di distacchi con provenienza extra UE, la Lex Loci Laboris può essere derogata ogni qualvolta lo Stato di provenienza e lo Stato di destinazione abbiano stipulato trattato bilaterali di sicurezza sociale volti ad accettare e riconoscere reciprocamente il sistema previdenziale altrui.

L’elenco dei Paesi che hanno stipulato accordi di sicurezza Sociale con l’Italia è tenuto dall’INPS, che ha una pagina web dedicata.

 A.3 Obblighi dell’Impresa Distaccataria (che riceve il lavoratore)

L’ente o datore di lavoro italiano che ospita il lavoratore distaccato è soggetto a determinati obblighi, tra cui:

  1. Obblighi di prevenzione e protezione di carattere generale: l’ente ricevente deve garantire che i lavoratori distaccati abbiano un ambiente di lavoro sicuro e salutare, in conformità con le normative italiane sulla salute e sicurezza[22].
  2. Responsabilità in Solido con l’ente distaccante circa il rispetto delle condizioni di lavoro minime di cui al punto 4 del precedente sotto capitolo (A.2)[23].

A.4 L’Autenticità del Distacco Transnazionale dei Lavoratori

Lo spostamento di un lavoratore subordinato da uno Stato ad un altro nell’ambito di un distacco non deve mai tradire le finalità e la natura di questo istituto, che deve sempre essere utilizzato nell’interesse di un’impresa distaccante, che deve essere la datrice di lavoro della persona distaccata per tutta la durata del distacco e che deve svolgere una reale attività economica.

A titolo esemplificativo, sono quindi considerati distacchi “fittizi”, le seguenti casistiche[24]:

a) l’impresa distaccante è una società fittizia, non esercitando alcuna attività economica nel Paese di origine;

b) l’impresa distaccante non presta alcun servizio ma si limita a fornire solo il personale in assenza della relativa autorizzazione all’attività di somministrazione. In merito a questa ipotesi, è opportuno rimarcare che per poter effettuare somministrazione di lavoro in Italia è necessario che l’agenzia abbia conseguito l’iscrizione nello specifico Albo informatico tenuto dall’ ANPAL. In difetto di tale iscrizione, si versa nell’ipotesi di somministrazione irregolare di lavoro con il rischio di severe responsabilità e sanzioni[25].

c) il lavoratore distaccato al momento dell’assunzione da parte dell’impresa straniera distaccante già risiede e lavora abitualmente in Italia;

d) il lavoratore distaccato, regolarmente assunto dall’impresa distaccante, è stato licenziato durante il periodo di distacco e, in assenza di una comunicazione di modifica della data di cessazione del periodo di distacco, lo stesso continua a prestare attività lavorativa, sostanzialmente in nero, presso l’impresa distaccataria.

Nelle ipotesi in cui il distacco non risulti autentico alle autorità ispettive, il distaccante e il distaccatario sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione, analogamente a quanto previsto dall’articolo 18, comma 5 bis del d.lgs. n. 276/2003. In ogni caso, l’ammontare della sanzione amministrativa non può essere inferiore a Euro 5.000 né superiore a Euro 50.000.

Se vi è impiego di minori, la disposizione prevede l’applicazione della pena dell’arresto fino a diciotto mesi e di un’ammenda (Art. 5 del Regolamento UE 987/2009; Circ. del Ministero del Lavoro n. 6/2016 sul Decreto depenalizzazione n. 8/2016). Si tratta, in questo caso, di sanzioni di tipo penale che potranno essere inflitte a seguito di un accertamento giudiziario.

Non rappresenta oggetto della presente pubblicazione un’analisi del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di cui all’art. 12 del Testo Unico sull’Immigrazione e le innumerevoli casistiche concrete che possono rientrarvi. Restando in materia di sanzioni penali, non v’è però dubbio che un distacco fittizio posto in essere al precipuo fine dell’ottenimento di un Visto o del permanere in Italia da parte di un cittadino extra UE, in determinate circostanze, ricondursi a questa fattispecie penale[26].

Capitolo B: il Visto Nazionale e il Permesso di soggiorno per Distacco Transnazionale verso l’Italia.

Come anticipato, solo il c.d. distacco intra-gruppo o interno e il distacco su Appalto[27] sono fattispecie che possono giustificare l’emissione di un Visto nazionale per l’Italia in favore di cittadini Extra UE.

Ne consegue che il distacco-somministrazione non può riguardare cittadini non Europei che, in quanto tali, necessiterebbero di un Visto nazionale per poter lavorare e risiedere in Italia.

Nel prosieguo della trattazione, per ciascuna tipologia di distacco transnazionale che può giustificare l’emissione di un Visto, si evidenzieranno i requisiti oggettivi e soggettivi posti dalla normativa in materia di immigrazione per l’ottenimento del Visto stesso, requisiti in parte aggiuntivi a quelli intrinseci alla normativa giuslavoristica Europea e Nazionale di cui si è tratta al Capitolo A.

B1. Il Visto per Distacco Transnazionale c.d. Interno o intra-gruppo

Il Visto Nazionale per l’Italia che consente l’ingresso di un cittadino extra UE nell’ambito di un distacco dalla Società presso cui è dipendente verso una società collegata, sussidiaria o verso una sede secondaria o un ufficio di rappresentanza avente sede in Italia è disciplinato dagli articolo 27 quinquies del Testo Unico Immigrazione Italiano, e dell’art. 27 comma 1 lett. a) del medesimo corpo normativo.

Requisiti Soggettivi

La due norme appena citate consentono entrambe l’ottenimento di un visto per distacco transnazionale interno o intra-gruppo e sono in un rapporto di parziale sovrapponibilità.

a) L’art. 27 quinquies è applicabili sia ai dirigenti che i lavoratori specializzati, sia ai lavoratori in formazione[28], con almeno 3 mesi di lavoro pregressi con la società Distaccante[29].

Per dirigente si intende un lavoratore che svolge funzioni connotate da elevata professionalità, autonomia decisionale, responsabilità nei confronti dell’imprenditore, nonché da poteri di coordinamento e controllo dell’intera attività aziendale o di un ramo autonomo dell’impresa[30].

Per lavoratori altamente specializzati si intendono i lavoratori in possesso di conoscenze specialistiche indispensabili per il settore di attività, le tecniche o la gestione dell’entità ospitante, valutate oltre che rispetto alle conoscenze specifiche relative all’entità ospitante, anche alla luce dell’eventuale possesso di una qualifica elevata, inclusa un’adeguata esperienza professionale, per un tipo di lavoro o di attività che richiede conoscenza tecniche specifiche, compresa l’eventuale appartenenza ad un albo professionale[31];

Per lavoratori in formazione si intendono i lavoratori, titolari di un diploma universitario, trasferiti (e retribuiti durante il trasferimento) a un’entità ospitante ai fini dello sviluppo della carriera o dell’acquisizione di tecniche o metodi d’impresa, in conformità a quanto indicato nel piano formativo individuale (contenente durata, obiettivi formativi e condizioni di svolgimento della formazione)[32].

b) L’art. 27 comma 1. lett. a) riguarda unicamente i dirigenti e i quadri di società estere, in possesso di un titolo di laurea e con almeno 6 mesi di esperienza presso la Società distaccante[33].

Dunque, l’art. 27 comma 1 lett. a. fissa dei requisiti soggettivi più stringenti rispetto al 27 quinquies. Sicché, i lavoratori qualificati ai sensi del 27 comma 1, lo sono anche ai sensi del 27 quinquies. Ma non è vero il contrario: non tutti i lavoratori che possono essere distaccati ex art. 27 quinquies possono essere anche distaccati in base al 27 comma 1. La scelta tra una disposizione e l’altra, che si riflette in una diversa tipologia di permesso di soggiorno, è quindi possibile solo in alcuni casi.

Le conseguenti pratiche del ricadere sotto l’una o l’altra disposizione (per scelta o per necessità) sono rilevanti sotto il profilo della convertibilità del permesso per distacco in permesso per lavoro subordinato. e verranno esaminate nel prosieguo.

In via generale, può già osservarsi che la normativa italiana in materia di immigrazione non consente il rilascio di un visto per distacco a qualunque lavoratore che sia distaccabile secondo la normativa giuslavoristica, ma fissa alcuni criteri soggettivi evidentemente volti a restringere il campo su lavoratori altamente qualificati.

Questo è coerente con il sistema normativo Italiano in materia di immigrazione, che per i lavoratori “poco qualificati” prevede un sistema di concessione dei Visti c.d. “in quota”, ossia numericamente contingentato con il c.d. Decreto Flussi ogni anno. Il visto per distacco è invece un visto non soggetto a limiti quantitativi ed è quindi spiegabile la presenza di limiti “qualitativi”.

Requisiti Oggettivi

A questo punto della trattazione preme esaminare più da vicino il tipo di relazione che può intercorrere tra la società distaccante (l’ente di provenienza) e l’ente distaccatario (l’ente di destinazione del lavoratore) nella tipologia di distacco c.d. interno o intra-gruppo.

Sono possibili 4 diverse tipologie di relazione tra la Società distaccante e quella distaccataria[34].

a) Sussidiarietà.

In questa ipotesi una società è partecipata interamente dall’altra (c.d. sussidiaria). È irrilevante se la società che detiene il capitale dell’altra sia quella distaccante o quella distaccataria. Il distacco (con emissione del relativo Visto) può avvenire in entrambe le direzioni.

b) Sede Secondaria (o Filiale).

In questa ipotesi l’ente ospitante (o distaccatario) è una sede secondaria della società di provenienza presso cui il lavoratore è impiegato all’estero (società distaccante).

La sede secondaria è una mera estensione della Società estera. Non ha una soggettività giuridica autonoma e distinta dalla Società da cui dipende. Essa non ha quindi un amministratore o un consiglio di amministrazione, ma solo un preposto che agisce nell’ambito del mandato conferitogli dalla Società e in rappresentanza della stessa.

La sede secondaria svolge attività economiche e commerciali per conto della Società estera nel Paese in cui è insediata. Da un punto di vista fiscale, è però assoggettata a tassazione nel Paese in cui opera.

In questo caso, il Visto può essere concesso solo in caso di distacco dalla Società estera verso sede secondaria (o Filiale) in Italia. Non è invece previsto un visto per distacco in senso contrario: dalla sede secondaria all’estero verso la Società Italiana.

c) l’Ufficio di Rappresentanza

In questa ipotesi l’ente ospitante (o distaccatario) è un ufficio di rappresentanza della Società di provenienza presso cui il lavoratore è impiegato all’estero (società distaccante).

L’ufficio di rappresentanza è un luogo fisico, con preciso indirizzo, attraverso il quale una società opera in paese straniero (es. in Italia) in maniera prodromica e preparativa ad un eventuale futuro inizio di un’attività commerciale. Infatti, l’ufficio di rappresentanza può svolgere solo attività di studio e analisi del mercato o altre attività ausiliari, con l’esclusione di qualsiasi attività commerciale di vendita o produzione di beni o servizi.

Coerentemente, da un punto di vista fiscale, l’ufficio di rappresentanza non è considerato una stabile organizzazione, non può produrre profitti (è unicamente una voce di costo dalla Società) e non deve pagare imposte sul territorio in cui è stabilito.

Per la sua natura di ente con finalità preparatorie, l’ufficio di rappresentanza dovrebbe avere il carattere della temporaneità.

In questo caso, il visto può essere concesso solo in caso di distacco dalla Società estera verso l’ufficio di rappresentanza (o Unità Locale) in Italia. Non è invece previsto un visto per distacco in senso contrario: dall’ufficio di rappresentanza situato all’estero verso la Società Italiana.

d) Appartenenza allo stesso gruppo societario

In questa ipotesi la Società distaccante (di provenienza) e quella distaccataria (di destinazione) sono l’una controllata dall’altra o l’una collegata all’altra.

Il controllo sussiste quando una Società esercita un’influenza dominante sull’amministrazione dell’altra per via dei voti che può esercitare nell’assemblea ordinaria di quest’ultima[35]. L’influenza è dominante quando la Società controllante può esercitare la maggioranza dei voti nell’assemblea dell’altra o comunque un numero di voti sufficienti al controllo del processo decisionale dell’Assemblea stessa.

Il collegamento sussiste quando una Società può esercitare sull’amministrazione dell’altra un’influenza notevole potendo la prima esercitare almeno 1/5 dei voti (ovvero un 1/10 se la società collegata è quotata in borsa) nell’assemblea ordinaria della società collegata[36].

Quanto sopra significa che, nella generalità dei casi, una Società deve partecipare almeno per il 20% nel capitale dell’altra (ovvero per il 10% nel caso di società quotata) affinché le due Società (partecipante e partecipata) possano qualificarsi come appartenenti allo stesso gruppo.

Come per il caso del rapporto di sussidiarietà, è irrilevante se la società che possiede il capitale dell’altra sia quella distaccante (di provenienza) o quella distaccataria (di destinazioni). Il distacco verso l’Italia (con emissione del relativo Visto) può avvenire in entrambe le direzioni.

Durata e convertibilità del permesso

La durata massima del distacco in base alla normativa di diritto dell’immigrazione è di 3 anni per dirigenti e lavoratori specializzati, e di 1 anno per i lavoratori in formazione[37].

Il primo permesso di soggiorno rilasciato al lavoratore ha una durata massima di 2 anni[38]. Di conseguenza, sarà possibile la proroga dal distacco e il rinnovo del documento solamente per un altro anno aggiuntivo, sì da totalizzare i tre anni massimi di distacco.

Il visto per distacco di lavoratori in formazione, personale altamente specializzato o dirigenti di cui all’art. 27 quinquies del Testo Unico Immigrazione, dà diritto ad un permesso di soggiorno che non può essere convertito in permesso per lavoro subordinato con assunzione diretta in Italia o in altro permesso per lavoro[39]. Ciò significa che al termine del periodo massimo di distacco, il permesso di soggiorno scadrà e il lavoratore extra UE dovrà fare ritorno nella sede di assunzione all’estero.

Diversamente, il visto per distacco ex. 27 comma 1 lett. a. del Testo Unico Immigrazione, che può riguardare solo dirigenti o quadri con un rapporto di lavoro pregresso con l’azienda distaccante di almeno 6 mesi, dà diritto ad un permesso di soggiorno che durante o al termine del periodo massimo di distacco può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro subordinato con assunzione diretta in Italia[40]. Ciò significa che il lavoratore può anche rimanere in Italia a tempo indefinito recedendo il rapporto di lavoro con la Società di provenienza e iniziandone uno nuovo con l’ente di iniziale destinazione.

B 2. Il Visto per Distacco Transnazionale per Appalto

Il distacco su appalto è l’altra tipologia di distacco transnazionale che può giustificare l’emissione di un Visto nazionale per l’Italia in favore di cittadini Extra UE in virtù del diritto dell’Immigrazione Italiano[41].

Requisito oggettivo

L’appalto, nel diritto Italiano, è definito dall’art. 1655 del Codice Civile come il contratto con il quale una parte, detta appaltatore, assume, con organizzazione e i mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio in favore di altra parte, detta committente, verso un corrispettivo in danaro.

Quanto un contratto d’appalto così definito venga stipulato tra una persona fisica o giuridica estera italiana, nel ruolo di committente, e una Società estera, nel ruolo di appaltatore, presso cui è dipendente un cittadino extra comunitario, l’art. 27 comma 1 lett. i. del Testo Unico Immigrazione prevede espressamente la possibilità che quest’ultimo venga distaccato in Italia ai fini dell’esecuzione dell’opera o del servizio da parte della società appaltatrice.

Occorre sottolineare che la fattispecie in esame si distingue dalla somministrazione di lavoro, dove l’opera è svolta sotto la responsabilità e avvalendosi della struttura e organizzazione della Società presso cui il lavoratore è inviato a svolgere la prestazione. Diversamente, in caso di appalto il prodotto o il servizio sono svolti nella sola responsabilità della società distaccante appaltatrice e con l’utilizzo della sua struttura organizzativa.

La distinzione, anche da un punto di vista di diritto dell’immigrazione, è dirimente perché, in virtù della legge attualmente in vigore, solo in caso di appalto è possibile il rilascio di un visto ai fini del distacco[42].

Durata e convertibilità del permesso

Il permesso di soggiorno per distacco su appalto è prorogabile fino ad un massimo di 4 anni. Questo significa che, a fronte di un primo permesso di due anni, è possibile ottenere il rinnovo del permesso per massimo altri due anni[43].

Il permesso di soggiorno per distacco su appalto non è invece convertibile in altra tipologia di permesso per lavoro subordinato con assunzione diretta in Italia o in altro permesso per lavoro.

Dunque, dopo massimo 4 anni, il la/voratore dovrà necessariamente fare ritorno nel paese di provenienza[44].

B.3 La procedura per l’ottenimento dei Visto per distacco transnazionale e l’ottenimento del successivo permesso di soggiorno da parte del lavoratore

La procedura per l’ottenimento del Visto in parola è pressoché invariata in entrambe le casistiche di distacco interno (o intra-gruppo) e di distacco su appalto.

a) La prima fase: il Nulla Osta

La prima fase della procedura è sempre la richiesta del c.d. Nulla Osta alla Prefettura di competenza. In Italia la Prefettura è un distaccamento provinciale del Ministero dell’Interno ed al suo interno ha un ufficio detto “Sportello Unico Immigrazione”, competente ad esaminare queste domande e molte altre in materia di immigrazione.

La Prefettura decide circa l’emissione del Nulla Osta dopo aver verificato la correttezza e completezza formale della domanda e dopo aver raccolto i pareri vincolanti della Polizia e dell’Ispettorato Provinciale del Lavoro. La Polizia verificherà la presenza di eventuali precedenti penali ostativi al rilascio che siano stati registrati in Italia e nell’area Schengen[45]. L’Ispettorato Provinciale del Lavoro è invece competente a verificare la capacità contributiva e retributiva della Società distaccante e la presenza di idonea garanzia circa le inderogabili condizioni di lavoro che devono essere assicurate al lavoratore distaccato, per quanto questi sia assunto all’estero e alle condizioni primariamente dettate da una giurisdizione straniera.

I termini di legge per la decisione circa il rilascio del Nulla Osta sono di 45 giorni, salve le sospensioni del termine in caso di richieste di integrazioni documentali[46]. Deve d’altra parte evidenziarsi che il termine non è perentorio, ossia un’eventuale decisione di rilascio o diniego del nulla osta può anche essere emessa successivamente. E nella prassi non sono infrequenti ritardi rispetto al termine di legge.

b) La seconda fase: il Visto Nazionale

Ottenuto il Nulla Osta, entro 6 mesi di tempo, il lavoratore può prendere un appuntamento con il Consolato Italiano avente competenza nel suo luogo di residenza e, in quella sede, presentare domanda di Visto nazionale per distacco transnazionale.

Il consolato farà certamente in parte affidamento sulle verifiche espletate dallo Sportello Unico Immigrazione della prefettura in Italia precedenti al rilascio del Nulla Osta. D’altra parte, per regola generali, ha comunque una competenza generalizzata circa la verifica dei requisiti utili al rilascio del visto per lavoro[47], che in questa fase potranno essere maggiormente incentrati su aspetti quali l’autenticità della documentazione dello Stato di provenienze rilevante (di frequente già presentata alla Prefettura ai fini del rilascio del nulla osta), l’effettiva sussistenza del rapporto di lavoro subordinato con la società estera distaccante da parte del richiedente visto, la presenza di eventuali precedenti penali significativi commessi nello Stato di provenienza e altri simili aspetti più difficilmente verificabili dalla Prefettura di competenza, che è situata in Italia e difficilmente dispone dei mezzi per effettuare questa tipologie di verifiche in sede di rilascio del nulla osta.

Il visto, se rilasciato, ha una durata massima di 365 giorni. Il Visto non è mai rinnovabile. Lo è il permesso di soggiorno, che il lavoratore distaccato dovrà chiedere nei primi 8 giorni dall’ingresso in Italia[48].

c) La terza fase: Il permesso di soggiorno

Una volta fatto ingresso in Italia, il cittadino Extra Ue munito di visto nazionale per lavoro sul proprio passaporto, dovrà incontrare la Prefettura che ha rilascio il nulla osta e presentare domanda di permesso di soggiorno alla Questura del luogo di nuova dimora.

Potrà comunque lavorare sin dai primi giorni di ingresso in Italia, previa effettuazione della dichiarazione preventiva di distacco da parte della Società Distaccante[49].

Capitolo C: Il Distacco Transnazionale verso un Ufficio di Rappresentanza, Realtà o Finzione?

Alla luce di quanto illustrato sin ora, può comprendersi come gli articoli che circolano in rete sulla presunta possibilità di ottenere un visto tramite la semplice apertura di un ufficio di rappresentanza sono in molti casi fuorvianti.

L’elemento essenziale della subordinazione del lavoratore distaccato

Innanzi tutto, moltissimi di questi contenuti on line omettono di specificare che questa tipologia di visto è accessibile ai soli lavoratori dipendenti (o subordinati) della Società. Non è quindi ipotizzabile che l’amministratore e socio di maggioranza di una società straniera venga distaccato vero l’Italia dopo avervi aperto un ufficio di rappresentanza, perché questi non può certo essere dipendente della sua stessa società.

La subordinazione, come detto in apertura di questo articolo, è un elemento soggettivo essenziale del distacco.

Sebbene sia la normativa in lingua inglese che in lingua italiana facciano generico riferimento a “lavoratore”, vi sono diverse disposizioni che indicano che si tratti di lavoratori dipendenti.

A livello di normativa Europea, la norma fondamentale in materia di distacco transazionale, la Direttiva 96/71/CE, nell’esprimere la regola della Lex Loci Laboris in materia di condizioni di lavoro, usa il termine “employment” (lavoro dipendente), notoriamente contrapposto al “self-employment” (lavoro autonomo)[50]. Per giunta, lo stesso riferimento alle “condizioni di lavoro” applicabili richiama la fattispecie del lavoro subordinato, posto che i lavoratori autonomi, notoriamente, non lavorano a condizioni minime stabilite dalla Legge (evidentemente a tutela di chi non può scegliere le proprie condizioni perché lavora sotto la subordinazione di altri).

Sul piano interno, anche l’art. 27 quinquies comma 1 del Testo Unico Immigrazione, che è la norma principale sul visto per distacco transnazionale, non lascia spazio a equivoci specificano espressamente che si tratta di “lavoro subordinato”.

In Italia il lavoro subordinato, per definizione, richiede che il lavoratore risponde alle indicazioni, direttive e richieste di un datore di lavoro. Non può d’altra parte tacersi che, specialmente in giurisdizioni extra Europee esistono nozioni di “dipendente” più lasse ed è ad esempio consentito che un socio di maggioranza di una società (che di fatto la controlla) sia, formalmente, un dipendente della società stessa. Il conflitto tra concezioni, più o meno rigide, di lavoro dipendente trova comunque chiara soluzione nell’Art. 2 comma 2 della Direttiva 96/71/CE, dove si esplicita che la nozione di lavoratore è quella applicata in base al diritto dello Stato membro nel cui territorio è distaccato il lavoratore.

Ne consegue che il distacco di un lavoratore che non possa qualificarsi come “subordinato” secondo il Diritto dello Stato di destinazione (ad esempio l’Italia) mancherebbe comunque dell’elemento essenziale della subordinazione. Si tratterebbe quindi di un fenomeno sanzionabile, sia dal punto di vista giuslavoristico, dove potrebbe ravvisarsi un distacco fittizio[51], sia dal punto di vista del diritto dell’immigrazione, ove il Visto potrebbe essere legittimamente negato o revocato.

La funzione dell’ufficio di rappresentanza

In secondo luogo, è bene non dimenticare che l’ufficio di rappresentanza, come detto precedentemente[52], è volto a consentire ad una società estera di svolgere indagini di mercato, attività di marketing, sviluppo della clientela e attività ausiliarie similari, in vista di un eventuale apertura di una sede secondaria o sussidiaria in Italia. È un ente quindi volto ad agevolare e preparare l’eventuale internazionalizzazione di un’azienda.

Il distacco di un lavoratore verso un ufficio di rappresentanza presuppone dunque che l’ufficio sia costituito con queste finalità, e non con il fine esclusivo di agevolare una persona extra UE nell’ottenimento di un visto a costi moderati, giacché l’ufficio di rappresentanza non presenta né dichiarazione di redditi né bilanci.

L’apertura di un ufficio di rappresentanza strumentale unicamente all’ottenimento di un visto, se espletata intenzionalmente, potrebbe costituire reato di “Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato[53]“ per la persona che richiede il visto, o il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per chi l’abbia agevolata[54]. Oltre al fatto che, qualunque precostituzione strumentale dei requisiti per l’ottenimento di un visto può evidentemente risultare in un esito negativo della procedura di richiesta del Visto se la pretestuosità della procedura viene ravvisata dall’Autorità decidente.

[1] Direttiva 96/71/CE, Art. 2, comma 3 e Art. 3 comma 1; D.lgs. 25 Luglio 1998, n. 286, Art. 27 quinquies comma 1;

[2]Direttiva 96/71/CE, Art. 2, comma 1: “per lavoratore distaccato si intende il lavoratore che, per un periodo limitato, svolge il proprio lavoro nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio lavora abitualmente”.

[3]Direttiva 96/71/CE, Artt. 1, 3.

[4]Cort. Giust. Ue 13/02/2015 C-396/2013.

[5]Direttiva 96/71/CE, Art. 1, comma 3, lett. b; D.lgs. n. 136/2016, Art. 1 comma 1.

[6]Direttiva 96/71/CE, Art. 1 comma 3, lett. a; D.lgs. n. 136/2016, Art. 1 comma 1; Art. 27 comma 1, lett. i, D.lgs. 286/1998 (Testo Unico Immigrazione); Codice Civile Italiano, Art. 1655.

[7]Direttiva 96/71/CE, Art. 1, comma 3, lett. b; D.lgs. n. 136/2016, Art. 1 comma 1.

[8]Trattato sull’Unione europea (TUE), Articolo 3, comma 2.

[9]D.lgs. n. 136/2016, Art. 10, comma 3.

[10]D.lgs. 17 luglio 2016 n. 136, Art. 12 comma 1.

[11]D.lgs. 17 luglio 2016 n. 136, Art. 10 comma 3, lett. a.

[12]D.lgs. 17 luglio 2016 n. 136, Art. 12 comma 3, lett. b.

[13]D.lgs. 17 luglio 2016 n. 136, Art. 10 comma 3, lett. a.

[14]D.lgs. 17 luglio 2016 n. 136, Art. 12 comma 3, lett. b.

[15]D.lgs. 17 luglio 2016 n. 136, Art. 4 e Art. 1 comma 1 e 5; Direttiva 96/71/CE, Art. 3.

[16]Regolamento (CE) N. 883/2004, art. 11.

[17]Regolamento (CE) N. 883/2004, art. 3.

[18]Regolamento (CE) N. 883/2004, art. 4.

[19]Regolamento UE N. 1231/2010, Art. 1.

[20]D. lgs. n. 136, 17 luglio 2016, Art. comma 5.

[21]Regolamento (CE) n. 883/2004, Artt. 11, 12, 13.

[22]Disposizioni sostanziali e apparato sanzionatorio di cui al decreto legislativo n. 81/2008 (Testo Unico Sicurezza).

[23]D.lgs. 17 luglio 2016 n. 136, Art. 4 comma 4.

[24]Circolare INL del 1° gennaio 2017 n.1, Capitolo 4’: Distacco non autentico ed interposizione illecita.

[25]Si veda il sotto capitolo A.1 della presente trattazione per una definizione di queste tipologie di distacco.

[26]Testo Unico sull’Immigrazione, Art. 12 comma 1: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 Euro per ogni persona”.

[27]Come già definiti al Capitolo A1 del presente Articolo.

[28]D.lgs. 25 Luglio 1998, n. 286 (Testo Unico Immigrazione), Art. 27 quinquies, comma 1.

[29]Ivi, comma 2.

[30]Circolare congiunta del Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, Direzione Centrale per le Politiche dell’Immigrazione e dell’Asilo e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, prot. n. 517 del 09.02.2017, pagg. 3, 4.

[31]Ibidem: Per le professioni regolamentate è necessario il riconoscimento delle qualifiche professionali ai sensi del D.lgs. 206/2007. Al fine di valutare le qualifiche dei lavoratori soggetti a trasferimento intrasocietario, ci si avvarrà del quadro europeo delle qualifiche (European Qualifications Framework – EQF) per l’apprendimento permanente, che permette di effettuare una valutazione delle qualifiche in modo comparabile e trasparente.

[32]D.lgs. 225 luglio 1998, n. 286, Art. 27 quinquies, comma lett. c

[33]Circolare del Ministero dell’Interno e del Ministero del Lavoro, 14/7/2016, Prot. 35, pagg 8, 9.

[34]D.lgs. 25 Luglio 1998, n. 286 (Testo Unico Immigrazione), Art. 27 quinquies commi 2 e 3; Codice Civile, Art. 2359.

[35]Codice Civile Italiano, Art. 2359 comma 1.

[36]Codice Civile Italiano, Art. 2359 comma 2.

[37]D.lgs. 25 Luglio 1998, n. 286 (Testo Unico Immigrazione), Art. 27 quinquies, comma 11.

[38]D.lgs. 25 Luglio 1998, n. 286 (Testo Unico Immigrazione), Art. 4, comma 3 bis, lett. c.

[39]In mancanza di una disposizione che lo consenta, per il sistema normativo in materia di immigrazione vigente in Italia, un determinato permesso non è convertibile in altro permesso, salvi i casi di diritto all’unità familiare in Italia ai sensi del Titolo IV del Testo Unico Immigrazione.

[40]Circolare del Ministero dell’Interno e del Ministero del Lavoro, 14/7/2016, Prot. 35, pag. 9.

[41]D.lgs. 25 Luglio 1998, n. 286 (Testo Unico Immigrazione), Art. 27 comma 1, lett. i)

[42]Si veda anche il Sotto Capitolo A1 in materia di distacco-somministrazione.

[43]Informativa della Prefettura di Torino, url, ultimo accesso 6.11.2023.

[44]In mancanza di una disposizione che lo consenta, per il sistema normativo in materia di immigrazione vigente in Italia, un determinato permesso non è convertibile in altro permesso, salvo il caso di diritto all’unità familiare in Italia ai sensi del Titolo IV del Testo Unico Immigrazione.

[45]D.lgs. 25 Luglio 1998, n. 286 (Testo Unico Immigrazione), Art. 27 quater, comma 8.

[46]Ibidem.

[47]Decreto Ministeriale 11 maggio 2011, n. 850, Art. 2; D.p.r. n. 394, 31 Agosto 199, Art. 6 bis.

[48]D.lgs. 25 Luglio 1998, n. 286 (Testo Unico Immigrazione), Art. 5, comma 2.

[49]Si veda il sotto capitolo A2 del presente articolo.

[50]Direttiva 96/71/CE, Artt. 3, comma 1.

[51]Si veda il sotto capitolo A4 in merito alle ipotesi di distacco fittizio.

[52]Si veda il sotto capitolo B1.1., Requisiti Oggettivi.

[53]D.lgs. 25 Luglio 1998, n. 286 (Testo Unico Immigrazione), Art. 10 bis.

[54]Ivi, Art. 12.

Download Area
Scarica il PDF
Download
Data
Consulta i nostri professionisti