DDL Capitali, approvato il testo definitivo: novità rilevanti e delega ad una riforma del TUF

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Nella seduta del 27 febbraio 2024 il Senato ha approvato in via definitiva il c.d. DDL Capitali. Il disegno di legge comprende peraltro una delega al Governo per una riforma organica del D.Lgs. 58/1998 (“TUF”) e, ove necessario, delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti.

Le nuove norme si pongono come noto l’obiettivo di rendere più attrattivi i mercati dei capitali italiani per gli investitori domestici ed internazionali, intendendo favorire la quotazione delle PMI, introducendo – con qualche eccezione – regole di governance più snelle e meno invasive, nonché riducendo gli oneri connessi alla quotazione.
Nel seguente approfondimento si analizzano le principali novità introdotte.

La lista del board uscente per il rinnovo degli organi amministrativi di società quotate: le novità previste

Tra le previsioni più discusse del DDL Capitali vi è l’articolo 12, che inserisce l’articolo 147-ter.1 nel TUF e riguarda la presentazione, nelle società quotate ed in occasione del rinnovo dell’organo amministrativo, della lista di candidati membri del consiglio di amministrazione da parte del board uscente.

La presentazione di una lista di candidati da parte del CdA è una prassi ormai consolidata nel panorama italiano (diversi emittenti, infatti, prevedono già nel proprio statuto la possibilità che anche il consiglio di amministrazione presenti una lista di candidati per il rinnovo del consiglio stesso), che tuttavia non ha sin qui ricevuto disciplina a livello normativo. La nuova norma dispone ora che lo statuto possa prevedere che il consiglio di amministrazione uscente possa presentare una lista di candidati per l’elezione dei componenti dell’organo amministrativo, intendendo in particolare disciplinare le modalità di elezione dei suoi membri qualora la lista presentata dal board sia risultata la più votata.

Occorre preliminarmente rilevare che, al fine di temperare i rischi usualmente connessi alla presentazione della lista del board uscente (quali l’autoreferenzialità, ovvero che dietro tale lista si celino uno o più soci forti), viene introdotto un meccanismo che rischia di risultare fin troppo articolato – se non addirittura idoneo a produrre anche effetti indesiderati – in un quadro già complesso relativamente alla nomina del board di società quotate (ove bisogna soddisfare requisiti di indipendenza, le quote di genere, garantire rappresentanza alle minoranze, ecc.), meccanismo dunque che, a ben vedere, rischia di avere effetti opposti a quelli generalmente auspicati con l’emanazione del DDL Capitali, andando ad intricare un ambito già di per sé molto più regolato rispetto ad altri ordinamenti UE. Con l’approvazione da parte della Camera del testo del DDL Capitali sono dunque rimaste sin qui inascoltate le reazioni di parte del mercato e degli operatori anche volte all’eliminazione dell’articolo 12, il quale risulterebbe favorire eccessivamente le minoranze senza peraltro garantire la necessaria stabilità alla governance societaria.

Innanzitutto, si prevede che, per presentare la propria lista:

  •  il CdA uscente deve deliberare con il voto favorevole dei due terzi dei suoi componenti;
  • la lista stessa deve contenere un numero di candidati pari al numero dei componenti da eleggere, maggiorato di un terzo.

Come si vedrà nel seguito, un quorum così elevato per la presentazione della lista potrebbe in definitiva risultare in un diritto di veto concesso alle minoranze che raccolgano almeno il 20+1% dei voti, tenuto conto dei criteri premiali di assegnazione dei posti in CdA in sede di votazione.
Inoltre, per evitare la presentazione di liste “corte” da parte del consiglio uscente – circostanza peraltro che non si riscontra generalmente nella prassi italiana –, la lista deve recare un numero di candidati superiore di un terzo rispetto al numero dei componenti da eleggere, ostacolando così la formazione della lista di candidati poiché un numero rilevante dei candidati stessi risulterà comunque escluso in sede di nomina (il che può portare ad effetti non desiderati dal punto di vista reputazionale, che potrebbero comportare una minor disponibilità ad essere parte della lista).
Si prevede inoltre un termine anticipato per il deposito e pubblicazione della lista consiliare, individuato nel 40° giorno anteriore a quello dell’assemblea, così da consentire ai soci la valutazione delle proposte con congruo anticipo prima della presentazione di eventuali proprie liste (entro il termine di 25 giorni prima dell’assemblea).

Se, quindi, la lista del CdA risulta la più votata in assemblea:

A) in relazione alla lista del CdA:

  • l’assemblea delibera un’ulteriore votazione individuale su ogni singolo candidato;
  • i candidati vengono quindi ordinati sulla base del numero di voti da ciascuno di essi ottenuto, dal più alto al più basso;
  • risulteranno eletti i candidati che abbiano ottenuto il maggior numero di voti, in ragione dei posti da assegnare (secondo quanto indicato alla lettera B che segue);
  • in caso di parità di voti tra candidati, si procede in base all’ordine progressivo con il quale i medesimi sono elencati nella lista.

Dunque, per superare il sistema attuale della lista “bloccata”, si introduce – dopo la prima votazione sulle liste – una seconda votazione individuale sui candidati, ma solo su quelli della lista del board e non anche sulle altre, introducendo una disparità tra liste che appare poco comprensibile. Inoltre, alla votazione individuale concorrerebbero tutti i soci, inclusi coloro che abbiano eventualmente depositato proprie liste, con il rischio di loro comportamenti opportunistici e distorsivi in quanto legati a liste soccombenti.

B) in relazione alle altre liste:

  •  qualora il totale dei voti raccolti dalle altre liste, in numero non superiore a due in ordine di consensi raccolti in assemblea, sia non superiore al 20% del totale dei voti espressi, tali liste concorrono alla ripartizione dei posti in consiglio di amministrazione in proporzione ai voti da ciascuna riportati in assemblea e comunque per un ammontare complessivo non inferiore al 20% del totale dei componenti dello stesso organo;
  • qualora il totale dei voti raccolti in assemblea dalle altre liste, in numero non superiore a due in ordine di consensi raccolti, sia superiore al 20% del totale dei voti espressi, i componenti del nuovo consiglio di amministrazione di competenza delle minoranze sono assegnati proporzionalmente ai voti ottenuti dalle liste di minoranza che hanno conseguito una percentuale di voti non inferiore al 3%. Ai fini del computo del riparto dei consiglieri spettanti ai sensi del primo periodo, i voti delle liste che hanno conseguito una percentuale di voti inferiore al 3% sono assegnati proporzionalmente ai voti ottenuti dalle liste di minoranza che hanno superato detta soglia.

Pertanto, viene introdotto un meccanismo di assegnazione dei posti alle minoranze differenziato in ragione della percentuale di voti ottenuti delle relative liste (fino ad un massimo di due liste in termini di voti raccolti, ed in proporzione ai voti stessi). Fino al 20% dei voti, sarà assegnato un numero di amministratori comunque non inferiore al 20% dei componenti; sopra il 20% dei voti, sarà assegnato un numero di amministratori proporzionale ai voti ottenuti dalle liste di minoranza, con una soglia di sbarramento del 3%, ma allo stesso tempo potendo beneficiare anche dei voti ottenuti dalle liste sotto tale soglia.

Così configurato il sistema di elezione, potrebbe allora anche accadere che la lista del consiglio rappresenti la maggioranza di tale organo con un solo amministratore di scarto, con rischi per la governance che potrebbero anche sfociare in possibili ribaltoni durante il mandato. Oppure, potrebbe perfino accadere che la lista del board, pur risultando la più votata ma con una maggioranza relativa dei voti espressi, non nomini la maggioranza dei consiglieri. Non viene peraltro disciplinata la ripartizione dei posti in CdA qualora la lista del board non risulti la più votata: in tal caso, lo statuto potrebbe ritenerla come una lista di minoranza o – come pure in precedenti bozze della norma – escluderla del tutto dal novero delle liste in lizza (fermo restando che quest’ultima soluzione potrebbe prestare maggiormente il fianco a critiche, potendo in ogni caso risultare opportuna la rappresentanza in consiglio di una lista – seppur del board – che risulti comunque appoggiata da una parte dell’azionariato).

Al riguardo occorrerà allora attendere l’emanazione da parte della Consob delle disposizioni attuative dell’articolo in questione, per la quale è fissato il termine di trenta giorni dall’entrata in vigore del DDL Capitali.

Lo statuto dovrà infine prevedere che, qualora la lista presentata dal board sia risultata la più votata, l’eventuale comitato endo-consiliare istituito in materia di controllo interno e gestione dei rischi sia presieduto da un amministratore indipendente individuato fra gli amministratori eletti che non siano stati tratti dalla lista del consiglio.

Le nuove previsioni in tema di lista del CdA troverebbero applicazione a partire dalla prima assemblea convocata per una data successiva al primo gennaio 2025.

L’estensione della definizione di PMI quotata

L’art. 2 del DDL Capitali modifica la definizione di PMI quotata, portando da 500 milioni di Euro a 1 miliardo di Euro la soglia di capitalizzazione prevista dalla lettera w-quater.1) del TUF, rilevante ai fini della qualifica di PMI.

Si tratta di un intervento in linea con le raccomandazioni europee emerse nel contesto dei lavori volti alla creazione di una Unione dei Mercati dei Capitali (in particolare la raccomandazione dell’High Level Forum on Capital Markets Union del 2020 e quella del Final report of the Technical Expert Stakeholder Group on SMEs del 2021), che estende dunque la platea delle PMI e con impatti in particolare sulla disciplina dell’OPA obbligatoria (per le società diverse dalle PMI la soglia OPA è abbassata dal 30% al 25%, in assenza di altro socio che detenga una partecipazione più elevata; inoltre, le PMI possono stabilire, per via statutaria, una soglia ai fini OPA diversa da quella ordinaria, purché compresa tra il 25% e il 40%, e possono altresì escludere per via statutaria, per il primo quinquennio post quotazione, l’esenzione dall’obbligo di OPA c.d. da consolidamento), nonché della trasparenza in materia di assetti proprietari e patti parasociali (la soglia oltre il quale sorgono gli obblighi di comunicazione è il 5% per le PMI, mentre è il 3% per le società diverse dalle PMI).

Voto plurimo e voto maggiorato

L’articolo 13 del DDL Capitali modifica l’art. 2351, quarto comma, ultimo periodo, del codice civile incrementando da tre a dieci il numero di voti che può essere assegnato dallo statuto a ciascuna azione a voto plurimo.

L’art. 14 della DDL Capitali prevede l’integrale sostituzione del vigente art. 127-quinquies del TUF in tema di voto maggiorato, prevedendo – oltre alla possibilità già prevista dalla normativa vigente di raddoppiare i diritti di voto esercitabili per ciascuna azione posseduta dal medesimo soggetto per almeno 24 mesi – che gli statuti possono altresì disporre l’attribuzione di un voto ulteriore alla scadenza di ogni successivo periodo di 12 mesi di possesso ininterrotto delle azioni, fino a un massimo complessivo di 10 voti per azione. Tale ultima modifica statutaria attribuisce il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2437 del Codice civile.

Sul punto si rammenta che il voto plurimo previsto dal Codice civile può essere adottato solo dalle società non quotate o con azioni quotate su un sistema multilaterale di negoziazione (MTF, quale l’Euronext Growth Milan), ma può tuttavia essere mantenuto post quotazione su un mercato regolamentato, mentre il voto maggiorato può essere introdotto solo dalle società quotate su un mercato regolamentato.

In tema di voto maggiorato, il DDL Capitali prevede inoltre:

(i) che qualora le modifiche statutarie che lo introducono siano adottate durante un procedimento di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato, lo statuto può prevedere che ai fini della maggiorazione – sia quella ordinaria fino a 2 voti, sia quella ulteriore fino a 10 voti – sia computato anche il possesso anteriore alla quotazione, con conseguente, possibile applicazione del voto maggiorato a decorrere già dalla data di inizio delle negoziazioni; un simile meccanismo viene esteso anche alle fusioni, scissioni o trasformazioni transfrontaliere ai sensi del Decreto Legislativo n. 19 del 2023, o ai sensi dell’art. 25, comma 3, della Legge n. 218 del 1995. Infatti, ove la società̀ risultante da dette operazioni sia una società̀ con azioni quotate o in corso di quotazione, lo statuto può̀ prevedere che, ai fini del computo del periodo continuativo di possesso richiesto per la maggiorazione, rilevi anche il periodo di titolarità̀ ininterrotta di azioni con diritto di voto della società̀ incorporata, scissa o soggetta a trasformazione;

(ii) l’esenzione dall’obbligo di OPA se le soglie sono superate per effetto della maggiorazione dei diritti di voto conseguente a un’operazione di fusione, trasformazione transfrontaliera o scissione proporzionale realizzata ai sensi del D.lgs. 2 marzo 2023, n. 19, laddove in ciascuno dei suddetti casi non vi sia una modifica del rapporto di controllo, diretto o indiretto, sulla società risultante da dette operazioni.

Svolgimento delle assemblee delle società quotate

Le assemblee delle società quotate su un mercato regolamentato o ammesse alle negoziazioni su un MTF potranno sempre svolgersi a “porte chiuse” così come è avvenuto dal 2020 a oggi a causa dell’epidemia da Covid-19 e quindi a prescindere dalla normativa emergenziale che lo ha finora consentito. In particolare, lo statuto può prevedere che l’intervento in assemblea e l’esercizio del diritto di voto avvengano esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla società ai sensi dell’articolo 135-undecies TUF. Al rappresentante designato possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai sensi dell’articolo 135-novies del TUF.

Pertanto, con l’avviso di convocazione dell’assemblea il CdA potrà alternativamente disporre di:

  • svolgere l’assemblea tradizionalmente in presenza;
  • svolgere l’assemblea in presenza ma con facoltà per gli azionisti di farsi rappresentare dal rappresentante designato dalla società ai sensi dell’articolo 135-undecies del TUF;
  • prevedere che l’assemblea si svolga esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla società senza che gli azionisti possano partecipare di persona.

Qualora l’assemblea di una società con azioni quotate su un mercato regolamentato si svolga esclusivamente tramite il rappresentante designato, non è consentita la presentazione di proposte di deliberazione in assemblea. Inoltre – fermo restando quanto previsto dall’art. 126-bis, comma 1, primo periodo, TUF in materia di integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea e presentazione di nuove proposte di delibera da parte di soci che anche congiuntamente rappresentano un quarantesimo del capitale sociale – coloro che hanno diritto al voto possono presentare individualmente proposte di delibera sulle materie all’ordine del giorno ovvero proposte la cui presentazione è altrimenti consentita dalla legge entro il quindicesimo giorno precedente la data della prima o unica convocazione dell’assemblea. Dette proposte di delibera devono essere messe a disposizione del pubblico nel sito internet della società entro i 2 giorni successivi alla scadenza del termine. Infine, il diritto di porre domande prima dell’assemblea di cui all’art. 127-ter del TUF può essere esercitato unicamente prima dell’assemblea e la società dovrà fornire risposta alle domande pervenute almeno tre giorni prima dell’assemblea medesima.

Si rileva, infine, che le misure emergenziali previste per lo svolgimento delle assemblee societarie disposte nel contesto della pandemia da Covid-19 dal Decreto Legge n. 18/2020, in particolare per quanto attiene l’uso di mezzi telematici e mediante l’utilizzo in via esclusiva del rappresentante designato, sono prorogate fino al 31 dicembre 2024 (ulteriormente prorogando il termine del 30 aprile 2024 già disposto dal Decreto Legge 30 dicembre 2023 n. 215, c.d. Decreto Milleproroghe).

Abrogazione degli obblighi di comunicazione delle operazioni di internal dealing per gli azionisti rilevanti

In materia di obblighi di segnalazione delle operazioni effettuate dagli azionisti rilevanti, viene abrogato il comma 7 dell’art. 114 TUF, che impone agli azionisti che detengono almeno il 10% del capitale sociale, nonché a ogni altro soggetto che controlla l’emittente quotato (su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione), l’obbligo di comunicare alla Consob e al pubblico le operazioni effettuate, anche per interposta persona, aventi ad oggetto azioni emesse dall’emittente o altri strumenti finanziari ad esse collegati. Di conseguenza, gli emittenti dovranno modificare le proprie procedure in materia di internal dealing al fine di allinearle alla nuova disciplina.

La nuova disciplina per gli emittenti strumenti finanziari diffusi e gli emittenti azioni quotate su sistemi multilaterali di negoziazione (MTF)

L’articolo 4 del DDL Capitali prevede una riforma della disciplina concernente gli emittenti “diffusi”, sostanzialmente eliminando tale categoria dal TUF e rimuovendo diversi obblighi sin qui applicabili agli stessi.

La categoria degli emittenti diffusi viene quindi spostata nel codice civile e definita dal nuovo art. 2325-ter, secondo cui sono emittenti azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante gli emittenti italiani non quotati in mercati regolamentati italiani i quali (i) abbiano più di 500 azionisti (diversi dai soci con partecipazioni superiori al 3%) che detengano complessivamente almeno il 5% del capitale e (ii) superino due dei tre limiti indicati dall’articolo 2435-bis, primo comma, codice civile (ovverosia Euro 4.400.000 di totale dell’attivo dello stato patrimoniale, Euro 8.800.000 di ricavi delle vendite e delle prestazioni e 50 dipendenti occupati in media durante l’esercizio).

L’art. 4 del DDL Capitali prevede, inter alia:

  • l’abrogazione dell’articolo 116 del TUF in merito agli obblighi di informativa nei confronti del pubblico e della Consob;
  • l’estensione agli emittenti con azioni negoziate in sistemi multilaterali di negoziazione degli obblighi pubblicitari previsti dal codice civile in tema di patti parasociali (l’art. 2341-ter obbliga a comunicarli alla società e di dichiararli in apertura di assemblea, con trascrizione nel verbale);
  • l’abrogazione per gli emittenti diffusi degli obblighi pubblicitari e della competenza dell’assemblea in materia di piani di incentivazione basati su strumenti finanziari (art. 114-bis TUF);
  • l’abrogazione per gli emittenti diffusi dei commi 1 e 2 dell’art. 148-bis TUF, in merito ai limiti al cumulo degli incarichi ricoperti dai componenti dell’organo di controllo e agli obblighi di informativa nei confronti della Consob e del pubblico in relazione a tali incarichi;
  • l’abrogazione della lettera (a) dell’articolo 19-bis, comma 1, D. Lgs. 39/2010, che includeva tra gli enti sottoposti a regime intermedio gli emittenti diffusi, con la conseguenza che tali emittenti non rientrano più tra gli enti sottoposti a regime intermedio e, pertanto, non sono più tenute a conferire alla società di revisione un in carico della durata di 9 anni;
  • l’esclusione dall’applicazione della disciplina sulle operazioni con parti correlate (articolo 2391-bis codice civile), venendo meno così l’applicazione del Regolamento Consob n. 17221 del 2010, relativo alle operazioni con le parti correlate.

Infine, l’art. 5 del DDL Capitali prevede l’estensione alle società aventi azioni negoziate su sistemi multilaterali di negoziazione della facoltà di redigere il bilancio secondo i principi contabili internazionali.

Si è infine già accennato, per gli emittenti con azioni quotate su sistemi multilaterali di negoziazione, (i) al voto plurimo, (ii) alla possibilità di introdurre per via statutaria l’intervento in assemblea esclusivamente mediante il rappresentante designato, nonché (iii) all’abrogazione degli obblighi in tema di internal dealing in capo agli azionisti rilevanti.

Novità relative all’approvazione dei prospetti di offerta al pubblico e al procedimento di ammissione alle negoziazioni su mercati regolamentati

Con riferimento ai termini di decorrenza per l’approvazione del prospetto da parte della Consob, all’art. 94 TUF viene precisato, in linea con quanto previsto dal Regolamento UE 2017/1129 (che ormai regola quasi interamente la disciplina del prospetto) che i termini di approvazione del prospetto decorrono dalla data di presentazione della bozza di prospetto (e non dal momento in cui la Consob ritiene l’istanza completa) e che, in caso siano necessarie integrazioni o modifiche successive alla bozza, si applicano le disposizioni di cui al predetto Regolamento UE.

Inoltre, viene abrogato il comma 7 del medesimo articolo, abrogando il regime di responsabilità dell’intermediario responsabile del collocamento, al fine di allineare la normativa italiana a quanto previsto in ambito europeo.

In relazione alle procedure di ammissione alla quotazione, il DDL Capitali prevede l’eliminazione di alcune condizioni per la quotazione. In particolare, vengono abrogate le seguenti condizioni:
(i) il rispetto di determinati criteri da parte delle società controllate, costituite e regolate dalle leggi di Stati non appartenenti all’Unione Europea, affinché la società controllante possa essere quotata sul mercato regolamentato italiano;
(ii) i criteri di trasparenza e i limiti per l’ammissione alla quotazione delle società finanziarie il cui patrimonio è costituito esclusivamente da partecipazioni.
L’eliminazione di simili requisiti aggiuntivi va così a semplificare le procedure di ammissione alle negoziazioni per talune tipologie di società.

Inoltre, viene modificato l’art. 66-ter del TUF, abrogando il potere della Consob di vietare l’esecuzione delle decisioni di ammissione e di esclusione dalle negoziazioni assunte dal gestore del mercato, nonché (ii) di sospendere l’esecuzione di tali decisioni per cinque giorni di mercato decorrenti dalla comunicazione a Consob, al fine di semplificare le procedure e allineare ancora una volta la normativa italiana a quanto previsto a livello europeo.

Le ulteriori novità e la delega al Governo per la riforma organica del TUF

Il DDL capitali prevede inoltre (i) la possibilità di conferire ad un gestore di portafogli il potere di esercitare i diritti di voto per più assemblee, in deroga a quanto sino a oggi previsto dal codice civile con riferimento alle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, (ii) modifiche alle disposizioni codicistiche applicabili rispettivamente alle S.p.A. e alle S.r.l. in tema di emissione di obbligazioni e titoli di debito, volte ad agevolare la sottoscrizione da parte di investitori professionali, nonché (iii) la dematerializzazione delle quote di PMI (come definite nella Raccomandazione della Commissione del 6 maggio 2003) costituite in forma di S.r.l.

Il DDL Capitali contiene infine una delega molto ampia al Governo per una riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal TUF e, se necessario, dal codice civile, che potrà pertanto apportare nei prossimi dodici mesi ulteriori modifiche rilevanti alla disciplina dei mercati dei capitali. Si ricorda peraltro che Il Consiglio ed il Parlamento UE hanno recentemente raggiunto un accordo preliminare su una serie di proposte legislative in materia di accesso al mercato dei capitali (c.d. “Listing Act”), destinato anch’esso a modificare ulteriormente il quadro normativo di riferimento.

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