L’archiviazione disposta dalla Procura della Repubblica di Termini Imerese e poi confermata dal GIP nei confronti del legale rappresentante di una azienda leader nel settore della distribuzione del caffè, indagato per il reato di indebita compensazione (art. 10-quater D.lgs. 74/2000) dei crediti d’imposta, costituisce un precedente destinato ad attirare l’attenzione della stampa nazionale e del dibattito dottrinario. Non solo per la materia coinvolta – i crediti d’imposta per “Formazione 4.0”, da anni al centro di interpretazioni altalenanti – ma soprattutto per tre principi di sistema che emergono con forza dalla motivazione del PM.
Il PM, pur prendendo le mosse dall’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, ribadisce un punto cardine da sempre sostenuto in giurisprudenza: in materia di reati tributari gli esiti del procedimento fiscale non vincolano il giudice penale, il quale può utilizzare presunzioni e rilievi indiziari dell’Amministrazione finanziaria solo come meri indizi, valutabili liberamente e non idonei, da soli, a fondare una pronuncia di responsabilità (cfr. Cass. pen., Sez. III, 9 aprile 2014, n. 23489).
Il provvedimento di archiviazione sottolinea come gli elementi raccolti in sede tributaria, irregolarità formali nella documentazione, incongruenze nelle presenze ai corsi di formazione da parte dei dipendenti e contestazioni sulle materie oggetto dei corsi di formazione non integrano una condotta fraudolenta, mancando il requisito dell’utilizzo di documentazione ideologicamente o materialmente falsa, essenziale per qualificare un credito come inesistente, ai sensi dell’art. 1 D.lgs. 74/2000 (come modificato a seguito della riforma del 2024).
Le indagini difensive espletate in sede penale dai difensori del team di Lexia, gli avvocati Andrea Bellafiore (Counsel) e Mattia Caleca (Associate), hanno dimostrato come i corsi di formazione si sono regolarmente svolti, ancorché in alcune occasioni con modalità da remoto, e che le materie oggetto dei corsi medesimi erano volte ad acquisire conoscenze informatiche per l’utilizzo dei software dei macchinari dell’azienda, rientranti nell’ambito applicativo della normativa agevolativa per l’utilizzo dei crediti d’imposta “Formazione 4.0”.
Altro punto di rilievo dell’archiviazione disposta dal GIP di Termini Imerese è il riconoscimento della speciale clausola di non punibilità prevista dal comma 2-bis dell’art. 10 quater del d.lgs. 74/2000 che prevede come non siano punibili le condotte di indebita compensazione dei crediti allorquando “sussistono condizioni di obiettiva incertezza” in ordine alla spettanza del credito, circostanza che ricorre per i crediti da Formazione 4.0 e da Ricerca e Sviluppo, la cui normativa è stata oggetto di molteplici e non sempre univoche interpretazioni da parte delle Circolari della stessa Agenzia delle Entrate in relazione alla tipologia di attività ammissibili per il riconoscimento del credito d’imposta.
Il punto più delicato – e ancora oggi irrisolto – riguarda l’efficacia di un provvedimento di archiviazione nell’eventuale e successivo contenzioso tributario.
Il Dipartimento di penale dell’economia di Lexia, diretto da Nino Caleca (Of Counsel), afferma che «pur in assenza di un vincolo formale, il giudice tributario debba necessariamente valorizzare e valutare in favore del contribuente il provvedimento penale. L’archiviazione, pur se non vincolante, dovrebbe dunque essere recepita all’interno del giudizio tributario secondo un criterio di coerenza motivazionale rafforzata: se un Pubblico Ministero – dopo attenta ed autonoma istruttoria – esclude la frode, il giudice tributario non può disattendere tale valutazione senza una motivazione particolarmente rigorosa, fondata su ulteriori elementi diversi rispetto a quelli già valutati dal Giudice penale».
La vicenda – proprio per la sua chiarezza argomentativa e alla luce del nuovo contesto normativo introdotto con la riforma contenuta nel D.lgs. n. 87/2024 – può diventare un caso-pilota nel dibattito italiano dei reati tributari.