L’Italia è un paese caratterizzato dalla forte presenza di piccole e medie imprese (PMI).
La maggior parte di esse sono imprese familiari e, secondo le statistiche, un quarto dei loro leader ha oltre 70 anni, con una tendenza stabile negli ultimi anni.
Questo invecchiamento della leadership, combinato con un’aspettativa di vita più lunga e una carenza di opzioni di successione esterna, ha reso il passaggio generazionale un tema urgente.
Inoltre, le alte imposte sulle successioni e sulle donazioni rappresentano un pesante onere finanziario per gli eredi e i beneficiari, costringendoli, in alcuni casi, a vendere o frazionare le imprese per pagare queste imposte.
Tuttavia, attualmente, i trasferimenti di impresa alle generazioni successive stanno aumentando: uno dei principali fattori che guida questo aumento è il cambiamento demografico tra i proprietari di aziende.
Infatti, molti fondatori e leader delle PMI italiane, in particolare quelle nate nel periodo del boom economico del dopoguerra, stanno ora raggiungendo l’età pensionabile.
In Italia esiste una disposizione fiscale molto favorevole per questi trasferimenti, grazie a una raccomandazione dell’Unione Europea.
Le Raccomandazioni della Commissione Europea n. 94/1069/CE del 1994 e n. 98/C 93/02 del 1998 invitavano gli Stati membri a ridurre il carico fiscale il più possibile, sia per quanto riguarda i trasferimenti diretti di aziende e rami d’azienda, che per i trasferimenti indiretti degli stessi, affinché non venisse compromessa la continuità delle realtà aziendali che, se donate o ereditate, avrebbero potuto essere trasferite a terzi, totalmente o parzialmente, o liquidate dagli eredi o beneficiari, per ottenere i fondi necessari a soddisfare gli obblighi fiscali.
Pertanto, l’Italia ha introdotto l’articolo 3, comma 4-ter, del Decreto Legislativo n. 346/1990, che prevede l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni per il trasferimento di determinati beni aziendali a discendenti e coniugi.
L’esenzione si applica al trasferimento, tramite eredità o donazione, di aziende, rami d’azienda, partecipazioni societarie (ad esempio: società a responsabilità limitata) o in società di persone, ed è destinata ai discendenti (figli, nipoti, ecc.) o al coniuge del defunto o del donante.
In particolare:
- nel caso di partecipazioni in società di capitali – il beneficiario (erede o donatario) deve acquisire il controllo della società (cioè acquisire il controllo ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, del Codice Civile italiano) o consolidare il controllo già detenuto, e deve impegnarsi a mantenere tale controllo per un periodo di cinque anni dalla data del trasferimento;
- nel caso di altre partecipazioni (ad esempio, in società di persone) – il beneficiario (erede o donatario) deve impegnarsi a mantenere la proprietà degli interessi per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento;
- per le aziende – il beneficiario (erede o donatario) deve impegnarsi a proseguire l’attività aziendale per cinque anni successivi al trasferimento.
Inoltre, vale la pena sottolineare che sono sorti diversi problemi interpretativi e pratici riguardo alla natura dell’attività aziendale che può essere trasferita. In particolare, ci si interroga se le partecipazioni in “holding” (come le società che possiedono solo investimenti passivi – ad esempio, immobili, titoli, partecipazioni in altre società – senza una gestione attiva o attività aziendale) possano beneficiare o meno dell’esenzione fiscale.
Da un lato, si ritiene che esse siano generalmente escluse dall’esenzione, richiedendo che l’impresa trasferita sia coinvolta in un’attività commerciale o produttiva effettiva: ad esempio, l’esenzione non si applica al trasferimento di mera partecipazione in holding, a meno che la holding stessa non svolga un’attività imprenditoriale effettiva (come la gestione o la fornitura di servizi di coordinamento alle sue controllate).
D’altro canto, il Decreto Legislativo n. 139/2024 ha introdotto significativi chiarimenti e modifiche riguardo all’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni prevista dall’articolo 3, comma 4-ter, del Decreto Legislativo n. 346/1990.
Tra le altre novità, la nuova versione dell’articolo 3, comma 4-ter, del Decreto Legislativo n. 346/1990 ha introdotto la suddetta differenziazione sui requisiti necessari per beneficiare dell’esenzione fiscale.
Rimanendo fedele al testo letterale della disposizione, è richiesto che, nel caso di partecipazioni in società di capitali, il beneficiario debba acquisire il controllo della società o consolidare il controllo già detenuto, e deve impegnarsi a mantenere tale controllo per un periodo di cinque anni dalla data del trasferimento, senza ulteriori requisiti riguardo alla natura dell’attività aziendale da svolgere per accedere al beneficio fiscale.
Pertanto, da un altro punto di vista, si ritiene che qualsiasi tipo di attività imprenditoriale possa essere trasferito a eredi o donatari senza imposta sulle successioni e donazioni.
Inoltre, un nuovo passo è stato compiuto dal legislatore italiano, poiché ora tale esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni si applica anche ai casi che coinvolgono partecipazioni e trasferimenti di aziende residenti negli Stati membri dell’UE, negli Stati dello Spazio Economico Europeo (SEE) o in giurisdizioni che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, alle stesse condizioni previste per i trasferimenti di partecipazioni di aziende residenti in Italia.
Questa modifica avvicina la legislazione italiana ai principi fondamentali dell’Unione Europea, in particolare alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali.
Garantendo che gli stessi benefici fiscali si applichino ai trasferimenti transfrontalieri all’interno dell’UE e del SEE, l’Italia rimuove un ostacolo significativo che in passato scoraggiava le famiglie e gli imprenditori italiani dal detenere o trasferire partecipazioni aziendali in altri Stati membri, incoraggiando l’internazionalizzazione delle proprie aziende.
Gli imprenditori e gli investitori non sono più penalizzati per l’espansione o la detenzione di interessi all’estero, a favore della crescita e della competitività dei gruppi imprenditoriali italiani su scala globale: ciò è particolarmente importante in un’economia moderna dove le strutture aziendali transfrontaliere sono molto comuni. Allo stesso tempo, nella disposizione di legge si sottolinea che solo i trasferimenti che coinvolgono aziende in paesi che cooperano con le autorità fiscali italiane sono eleggibili: l’obiettivo è mantenere l’integrità del sistema fiscale, pur promuovendo la continuità aziendale transfrontaliera.
Ad esempio, se un figlio detiene il 60% delle quote di capitale di una società a responsabilità limitata italiana attiva nel settore manifatturiero e il padre, che ha 70 anni, gli dona il restante 40% delle quote della stessa società, il trasferimento sarà esente dall’imposta sulle donazioni in Italia.
Si richiede inoltre che il figlio si impegni formalmente nell’atto di donazione a mantenere il controllo della società per almeno cinque anni dalla data della donazione.
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, numero 1, del Codice Civile italiano, una società è sotto il controllo di un’altra quando quest’ultima detiene più del 50% dei diritti di voto che possono essere esercitati nell’assemblea ordinaria dei soci.
Questa maggioranza consente alla parte controllante di prendere decisioni unilaterali riguardanti la gestione e la direzione della società, come la nomina degli amministratori e l’approvazione dei bilanci.
Per completezza, vale anche la pena menzionare che, se il figlio avesse detentato il 40% delle quote di capitale di una società a responsabilità limitata italiana attiva nel settore manifatturiero e il padre, che ha 70 anni, gli avesse donato il restante 60% delle quote della stessa società, il trasferimento sarebbe stato comunque esente dall’imposta sulle donazioni in Italia, a condizione che il figlio si impegnasse formalmente nell’atto di donazione a mantenere il controllo della società per almeno cinque anni dalla data della donazione.
In ogni caso, se i beneficiari non rispettano il requisito dei cinque anni sopra menzionato, l’esenzione viene revocata e le imposte che sarebbero state dovute al momento del trasferimento diventano esigibili, con eventuali penalità e interessi applicabili.
Come ultima considerazione, è chiaro che tale esenzione fiscale rappresenta una disposizione molto favorevole, destinata a facilitare i trasferimenti di aziende familiari non solo nelle società residenti in Italia, ma anche in quelle residenti negli Stati membri dell’UE e dello SEE.