Revocatoria fallimentare e garanzie: ininfluenza della rateizzazione sulla scadenza del debito

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Con sentenza n. 3450 dell’11 gennaio 2025, la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito, con un’interessante decisione, il concetto di “debito scaduto”, contestualizzandolo nella questione di diritto alla stessa presentata. Nello specifico, la Corte di Cassazione ha stabilito che si applichi la revocatoria fallimentare ex art. 67, comma 1, n. 4, L.F. (ora art. 166 C.C.I.I.), relativa alle garanzie costituite su un debito scaduto, anche alla fattispecie in cui le garanzie siano state costituite su un debito inizialmente scaduto e poi oggetto di rinegoziazione tra le parti tramite un piano di rientro.
La Suprema Corte ha stabilito, infatti, che la mera stipulazione di un piano di rateizzazione (o rientro) tra debitore e creditore non escluda il fatto che il debito sia scaduto; semmai, tale credito non sarebbe da considerare più esigibile sino al nuovo termine fissato per l’adempimento.
La sentenza, pronunciata tramite l’applicazione della legge fallimentare, è particolarmente utile anche utilizzando, mutatis mutandis, la disciplina di cui al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza attualmente vigente.

I fatti di causa

La vicenda trae origine dall’impugnazione, da parte di un creditore, avanti al Tribunale di Milano, del decreto di esecutività dello stato passivo di una società soggetta alla procedura di Amministrazione Straordinaria delle grandi imprese in crisi con ricorso in opposizione ex art. 98 L.F. (ora art. 206 C.C.I.I.), giusto espresso richiamo formulato dall’art. 53 del D.lgs. dell’8 luglio 1999, n. 270.

Nello stato passivo de quo, il Giudice Delegato, su indicazione del curatore, ha statuito la revocabilità ex art. 67, comma 1, n. 3, L.F. dell’iscrizione ipotecaria – e la sua conseguente inefficacia verso la procedura concorsuale – iscritta dal creditore nell’anno anteriore alla sentenza dichiarativa dello stato d’insolvenza, con la conseguente ammissione al passivo del credito esclusivamente in via chirografaria.

Il creditore, nel proprio ricorso, lamentava l’erroneità del mancato riconoscimento del privilegio ipotecario sul proprio credito, esponendo che, poiché l’ipoteca era stata costituita a fronte di un debito scaduto, si sarebbe dovuta applicare la revocatoria ex art. 67, comma 1, n. 4, L.F. che si applica alle ipoteche costituite entro sei mesi dalla declaratoria dello stato d’insolvenza e che si riferiscono a debiti già scaduti.

L’opposizione allo stato passivo è stata successivamente rigettata dal Collegio meneghino, il quale, con decreto, ha ritenuto revocabile l’atto costitutivo del privilegio ipotecario ai sensi e per gli effetti dell’art. art. 67, comma 1, n. 3, L.F.: in buona sostanza, il tribunale ha sostenuto che il debito non fosse ancora scaduto, in quanto era a suo tempo intervenuto un “patto di rateizzazione”, e quindi, “non risultavano scaduti”.

Il Giudice dell’opposizione non ha considerato che, ai fini della revocabilità dell’ipoteca, questa doveva intendersi costituita con l’iscrizione nei registri immobiliari e non, invece, con l’atto di concessione, il quale aveva efficacia solo inter partes, posto che, secondo il Tribunale, era stata stipulata a garanzia di un debito preesistente non scaduto; ciò in quanto, per effetto della rinegoziazione dei termini di pagamento (con conseguente modifica della scadenza originaria), gli effetti del preesistente inadempimento erano rimasti privi di giuridica rilevanza.

Ne deriva che, sempre ad avviso del tribunale, il debito di cui si parla doveva ritenersi a tutti gli effetti non scaduto in ragione della stipula del patto di rateizzazione. Al fine di corroborare tale tesi, era stato documentato che, alla data dell’iscrizione ipotecaria, la società si fosse anche dimostrata inadempiente verso il patto di rateizzazione.

Avverso il decreto di rigetto, il creditore ha promosso ricorso per cassazione sulla scorta dei seguenti motivi: (i) violazione o falsa applicazione dell’art. 67, comma 1 n. 3 e 4, L.F., in quanto il debito oggetto del contenzioso era, al tempo, già scaduto e come tale avrebbe dovuto essere considerato ai fini dell’applicazione dell’art. 67 L.F., risultando del tutto irrilevante la concessione di un suo riscadenzamento, posto che quest’ultimo non ha avuto alcuna incidenza sulla scadenza del debito contratto dalla società.; (ii) in subordine, violazione o falsa applicazione dell’art. 67, comma 1, n. 3, L.F., in quanto il momento rilevante cui fare riferimento, ai fini della determinazione del cd. periodo sospetto, era da considerarsi quello dell’accordo con cui era stata pattuita la costituzione dell’ipoteca, e non quello dell’iscrizione ipotecaria, costituendo questa una mera esecuzione dell’accordo costitutivo; (iii) sempre in subordine, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nonché violazione degli artt. 1230 c.c. e 67, comma 2, L.F., in quanto il creditore, in realtà, aveva già dedotto durante il giudizio di opposizione che, ove il giudice di merito fosse giunto alla conclusione che il suo credito non fosse scaduto in forza della proroga concessa, non avrebbe comunque potuto disconoscere che tale pattuizione si inseriva in un accordo più ampio, ossia un nuovo assetto di rapporti reciproci correlato al rilascio della garanzia ipotecaria.

La decisione

La Suprema Corte, analizzando i motivi di gravame del ricorrente, è giunta alla conclusione che il ricorso promosso fosse da considerare fondato e, quindi, meritevole di accoglimento, nel solco già tracciato dalla stessa Corte con altre due decisioni.

Nello specifico, il primo dei tre motivi di cui sopra ha colto nel segno, determinando l’integrale assorbimento degli altri due, in quanto la Corte ha ritenuto che “non può qualificarsi un debito preesistente come non scaduto solo perché, alla data di costituzione dell’ipoteca, sia concessa una proroga finalizzata alla sua differita estinzione, dovendosi valutare, proprio ai fini delle norme qui in discussione (comma 1 n. 4 dell’art. 67 L.F.), se il debitore sia già inadempiente all’atto della menzionata costituzione, non rilevando che sia stata concessa una proroga al pagamento (così dunque, Cass. n. 1204/1963)”.

Ne deriva che la norma applicabile non poteva essere in alcun modo l’art. 67, comma 1, n. 3, L.F., bensì il comma 4 del medesimo articolo, che determina, per l’appunto, la revocabilità – e la conseguente inopponibilità alla massa dei creditori – delle garanzie costituite entro i sei mesi anteriori alla sentenza dichiarativa di fallimento (nel caso di specie, dalla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza). Nel caso in esame, l’ipoteca era stata costituita dal creditore in un momento antecedente al cd. periodo sospetto.

Pertanto, al fine di fare ulteriore chiarezza sul concetto di debito non scaduto, è di tutta evidenza che al momento della pattuizione del nuovo termine in sede di riscadenzamento del debito, essendo già scaduto il termine fissato per l’originario adempimento, il debito fosse a tutti gli effetti già esigibile, con la conseguenza che “la proroga del termine non può che ritenersi logicamente successiva (o quantomeno contestuale) alla concessione della garanzia, della quale costituisce ragionevole contropartita”.

Inoltre, la Corte si è soffermata anche sulla compatibilità del concetto de quo con la decorrenza del periodo sospetto. La situazione verificatasi nel caso in esame non si pone in contrasto con il relativo dies a quo in quanto, a differenza della concessione d’ipoteca volontaria, non si dovrà considerare il giorno dell’iscrizione presso la Conservatoria, bensì la data dell’atto di concessione della garanzia e coincidente con quello della stipula dell’accordo.

In conclusione, la Suprema Corte ha cassato il decreto impugnato, con rinvio al Tribunale di Milano per un nuovo esame, fornendo il seguente principio di diritto: “in tema di revocatoria fallimentare, quando una garanzia (nella specie, ipoteca) sia rilasciata a favore del creditore dopo che si sia già verificato l’inadempimento del termine originario di pagamento, il debito può considerarsi scaduto, per gli effetti di cui all’art. 67 comma 1° n. 4 L.F., a nulla rilevando che tra debitore e creditore venga contestualmente pattuito un piano di rateizzazione (o una dilazione di pagamento), allorché risulti che in effetti il nuovo termine che ne deriva è concesso proprio sul presupposto della costituzione della garanzia e così tali operazioni sono legate da un nesso teleologico unitario”.

Cassazione Civile, sez. I, 11 Gennaio 2025, n. 3450. Pres. Ferro, Est. Fidanzia >

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