“La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha deciso: il canone di proroga tecnica delle concessioni alle sale bingo non è conforme al diritto unionale” ad annunciarlo, subito dopo la pronuncia della stessa Corte è l’avvocato tributarista Alessandro Dagnino, managing partner dello studio LEXIA, che, in qualità di difensore di alcuni operatori del settore, ha ideato la strategia difensiva e promosso il giudizio che ha portato prima a un rinvio alla Corte costituzionale e poi a ben due rinvii pregiudiziali da parte del Consiglio di Stato alla Corte di Lussemburgo. Proprio negli scorsi minuti la Corte ha emesso la sua decisione che segna una svolta decisiva nel complesso e lungo filone di procedimenti giudiziari volti a sancire l’illegittimità del canone di proroga tecnica.
La dichiarazione
“Si tratta di una decisione storica per il settore, che rivoluziona la legislazione nazionale che da dieci anni consente all’Agenzia delle dogane e dei monopoli di imporre agli operatori delle condizioni di proroga delle concessioni del bingo inique, che oggi sono state dichiarate incompatibili con il diritto Ue”, afferma Dagnino che prosegue: “Il canone, oltre a costituire una condizione onerosa non prevista dall’atto concessorio originario ha alterato per anni la concorrenza nel settore, producendo l’effetto di un improprio tributo capitario (c.d. lump sum tax) gravante in misura fissa sugli operatori a prescindere dalla loro capacità economica. L’intero meccanismo applicativo è stato censurato, ivi incluse le previsioni sul divieto di trasferimento delle sale nelle more della proroga e del divieto di partecipazione alla futura gara alle imprese non aderenti alla proroga. Adesso si apre la strada alle domande di restituzione di quanto indebitamente versato e a eventuali azioni risarcitorie”.
Il caso
Secondo quanto affermato dai giudici, in particolare, la direttiva europea sulla concessione dei servizi osta con la normativa nazionale nella misura in cui prevede l’obbligo di pagare un canone mensile non contemplato nell’aggiudicazione iniziale, nei limiti in cui essa modifica i parametri economici di base delle concessioni di cui trattasi, ad esempio fissando una misura identica di tale canone per tutti gli operatori del settore, indipendentemente dalla loro capacità finanziaria, e aumentando sensibilmente la misura di detto canone a partire dalla sua prima imposizione.
Già l’Avvocato generale Cgue Leila Medina si era espressa per una non conformità al diritto unionale e, nelle proprie conclusioni, aveva offerto uno spettro di soluzioni su diverse basi normative tutte in contrasto con l’applicazione delle norme nazionali.
Adesso, subito dopo la decisione, gli atti torneranno nelle mani del Consiglio di Stato che è chiamato a pronunciarsi sulla vicenda uniformandosi alla decisione europea e disapplicando il diritto nazionale nella misura in cui non è compatibile con il diritto Ue.